Dettagli Recensione
A un cerbiatto somiglia il mio amore di David Gros
Attenzione: contiene spoiler!
Bel libro, ben scritto, raffinato e di stile, anche se un po' pesante e prolisso (secondo me 780 pagine sono veramente eccessive). In alcuni momenti ho pensato di interromperne la lettura, ma ho lottato con tutte le mie forze, perché è una lettura notevole e pregna di contenuti e significato, per cui sono riuscita ad arrivare alla fine. Mi è piaciuto, lo consiglio, ma bisogna essere dello stato d'animo giusto per un romanzo che non è proprio una passeggiata... Anzi. Uno degli argomenti trattati è il triangolo d'amore che tiene legati per tutta la vita tre dei protagonisti del libro, incontratisi sedicenni (due di loro si conoscevano addirittura da bambini). Orah, la protagonista principale, è una donna che fugge: dapprima fugge dai propri sentimenti per i due uomini della propria vita; nella vicenda in corso, invece, c'è un tentativo di sfuggire alla morte di un proprio caro, semplicemente assentandosi dalla vita reale (quindi dalle notizie telefoniche, radio, tv) e fuggendo lontana da casa, fino al presunto ritorno del figlio dalla guerra. La paura di sentirsi recapitare all'improvviso la tragica notizia della sua morte, la porta a scappare ovunque, ma lontana da casa e notiamo la speranza di poter bloccare gli eventi e ingannare la sorte avversa, non facendosi trovare. Il suo è un esodo che invoca la vita e la vuole restituire anche ad Avram (uno dei suoi due uomini), un uomo la cui vita è stata distrutta dalle cicatrici fisiche, ma soprattutto psicologiche che la guerra e le barbarie subìte gli hanno inflitto. Troviamo il flusso di pensieri di questa madre che non vuole perdere i propri cari a causa di una guerra infinita che si trasmette da secoli di padre un figlio e la nostalgia di quello che avrebbe potuto essere e invece non è stato. Il tentativo di preservare e salvare il proprio figlio, parlando continuamente di lui con il padre dello stesso, come se il condividerne il ricordo riuscisse a mantenerlo in vita. Orah, come molte altre donne, ha avuto un figlio da ciascuno dei due uomini che ha fortemente amato, riuscendo a racchiudere in ciascuno dei due figli le caratteristiche fisiche e psicologiche di entrambi i suoi genitori (anzi: sembra addirittura che ciascuno dei due abbia molti tratti che ricordano " l'altro", anziché il proprio padre). Quello che mi piace di Orah è il fatto che sia una madre coraggiosa, che accompagna il proprio figlio al fronte, pur non condividendo la sua scelta di arruolarsi volontario, anzi: rifiutandola. Decide comunque di stargli vicino nonostante tutto (questo mi ricorda la scelta mariana); una donna che non si nasconde e si presenta a noi come è veramente: imperfetta, ricca di difetti, ma che si accetta e si mostra nella sua interezza, senza pudori né vergogna. Ho ammirato il modo in cui lei ha parlato dei propri figli ad Avram e di come, così facendo, glie li abbia fatti conoscere e "incontrare". Ho amato la scelta di paternità di Ilan, che è stato un padre presente in egual misura per entrambi i propri figli (perché Ofer, il cerbiatto, è più figlio suo che di Avram). Nel romanzo si notano il potere catartico della natura e della scrittura e una sorta di elaborazione del lutto per la perdita che l'autore stesso ha vissuto in prima persona (anche solo per questo vale la pena di arrivare fino alla fine). Insomma: un libro che consiglio a chi decide di impegnarsi per almeno una settimana (perché non è un libro che può essere letto in fretta, ma va gustato piano piano) e che vuole vivere e riflettere su molte vicende reali e importanti.
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