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Un occhio nelle oscurità interiori
Ho trovato il “mio” autore. McCarthy è profondo come l’oblio, poeticamente crudo e volgare perché è la realtà in cui viviamo ad esserlo, narratore di un mondo senza colore per mezzo di tetre, melmose, sudicie, ma evocative metafore.
Scrutatore interiore degli abitanti di questo mondo, incluso sé stesso, in cui “tutte le anime sono un anima e ogni anima è sola”.
“Suttree” è un cazzotto nello stomaco di quelli davvero forti, perché ci mostra gli anfratti più bui del nostro essere interiore, delle nostre paure, compresa la più fatale, ma se siete abbastanza forti da sopportarlo, avrete tra le mani un capolavoro dove probabilmente leggerete una parte di voi. Cormac McCarthy in quest’opera ci ha scritto una parte di sé, una di quelle che ci accomuna tutti, e l’ha messa in Cornelius “Buddy” Suttree. Non a caso descrivendone gli stati d’animo, capita che lo scrittore passi dalla terza alla prima persona, identificandosi nel personaggio e costringendo il lettore a fare lo stesso.
Si. Perchè Suttree è uno, Suttree è nessuno, Suttree è 7 miliardi di persone. Suttree sarà colui che sta nascendo. Suttree è stato colui che sta morendo.
Suttree sono io con i miei demoni, i miei prezzi da pagare, sono io che cedo alle mie debolezze, alle mie efferatezze, ogni volta con un rimpianto e tante cicatrici in più.
Suttree sei tu quando non sai più chi sei, vagabondo in una terra, in un corpo e in una mente che sembrano non appartenerti, non più.
Suttree è colui che si sente senza Dio, ma che lo cerca solo quando è inghiottito dalle tenebre delle proprie sventure, Dio che volontariamente decide di non trovare, come se essere senza Dio fosse una virtù.
Suttree sono io che non vedo la luce del sole, celata dall’ombra di un infausto passato che passato non è mai, costringendomi a vivere in un presente color cenere pensando ad un futuro color pece, inconscio che per rivedere la luce con quel passato ci si deve riconciliare pur senza dimenticare.
Suttree sei tu che ti rendi conto di come la vita può essere ingiusta e, senza preavviso, ti molli un maestoso pugno sulla faccia sorridente, ma che non manca mai di darti l’occasione per sorridere nuovamente.
Suttree siamo noi che proviamo a tenere a galla quella fottuta barca nel lento e inesorabile fiume dell’esistenza, e quando la morte, coi suoi “cani sbavanti e feroci con una fame vorace d’anime di questo mondo” si presenterà, la fuggiremo gridandole dietro: “Non oggi. Non ancora.”
Capolavoro della letteratura.
“Come ultime parole direi che non sono stato infelice.”
“Ma non possiedi nulla.”
“Forse gli ultimi saranno i primi.”
“Tu ci credi?”
“No.”
“A che cosa credi?”
“Credo che gli ultimi e i primi soffrono allo stesso modo. Pari passu. Non è solo nelle tenebre della notte che tutte le anime sono una sola.”
p.s. Vedere precedenti commenti con un voto così basso e motivazioni assurde mi fa venir da piangere.
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Non conosco ancora l'autore, ma m'interessa.
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