Dettagli Recensione
L'angelo della fame veglia su tutti noi
Premetto che questo è il primo libro di Herta Muller che leggo. Incurisita dal suo premio Nobel ho comprato il libro per il titolo che definirei senza esitazione spettacolare. Fin da subito però vedendo citato il poeta Oskar Pastior mi sono chiesta quanto realmente fosse opera esclusiva della Muller. Questo non saprei dirlo, anche se per certo il poeta nel lager ci è finito veramente e la Muller tiene a precisare nelle ultime pagine che il libro doveva essere scritto a quattro mani ma poi Pastior è morto e in genere se un autore precisa una cosa del genere vuol dire che sotto sotto probabilmente il romanzo andava anche firmato con il doppio nome... A parte ciò, nel romanzo di una potenza notevole ci troviamo di fronte a una storia di deportazione, un giovane tedesco finisce in un campo di lavoro russo e là rimane per 5 anni. Le descrizioni sono di una durezza e crudeltà uniche, crudeltà che solo chi ha vissuto il lager può replicare sulla pagina. Elementi di una bellezza ineguagliabile sono le descrizioni del cibo di fortuna e di come procurarselo, su tutti il pane distribuito a "misura" con gli scambi ossessivi tra i deportati o le piante che crescono lungo le strade e l'angelo della fame che veglia in ogni momento sul protagonista e dei suoi compagni di lavoro e la morte che si affaccia sui volti con la sua peluria bianca. E' difficile dire se sia un bel romanzo, è talmente coinvolgente anche se in alcune parti sembra non andare in nessun luogo che alla fine si cerca di perdonare la Muller per l'omissione del secondo autore. Bellissima l'immagine delle 273 patate.