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Introspezione e sofferenza
Diviso in due parti, un lungo monologo la prima, un racconto la seconda, quest’opera segna un nuovo capitolo nella vita letteraria di Dostoevskij aprendo la strada a quella che si proporrà poi come la sua grande letteratura che ha lasciato un segno tangibile nella vita di tutti i lettori.
Temporalmente non in successione e staccati da una ventina d’anni le due parti vogliono fungere da introduzione al pensiero la prima (Il sottosuolo) e da applicazione di tale pensiero alla vita reale la seconda (A proposito della neve fradicia).
L’autore, che si identifica nel personaggio narrante, inizia così la lunga descrizione del proprio carattere; ne viene fuori un personaggio in sostanza cattivo, ostile nei confronti di chi gli è attorno, colleghi compresi, verso i quali non si risparmia di apparire sadico e di provocare loro il massimo disagio.
Ma il lettore ci mette poco a capire che tutto ciò è sola apparenza, un meccanismo di difesa messo in atto da una persona fragile che vive ai margini della realtà, schiva come chi si sente inadeguato a vivere in una società del ‘2+2 fa 4’, la società della necessità, dell’apparenza, del ‘devo farlo perché è di moda’.
E’ questo che il protagonista non accetta. Siamo in piena epoca positivista e il progresso scientifico, motore di una dirompente rivoluzione industriale, ha istruito le masse a ragionare con la scienza, con la ragione che diventa la sola leva capace di costruire ragionamenti e, a seguire, tutta la realtà che ne consegue.
L’allontanamento da uno schema così rigido e ragionato si trasforma in un allontanarsi dalla realtà e nel rifugiarsi in se stesso, in quel sottosuolo che fa da tana ristoratrice entro cui esprimere tutto il suo disprezzo e la sua voglia di essere portatore di libertà, di esprimere la propria opinione, di dire la sua, in netto contrasto con la mera omologazione di tutto il resto del mondo che si piega al volere della necessità.
Ma è qui, nel sottosuolo, che invece del riscatto egli finisce per isolarsi ancor più dal mondo e cova la sua inadeguatezza che lo farà apparire così frustrato e carico di tensione agli occhi di chi lo incontrerà.
La seconda parte dell’opera riporta il protagonista indietro nel tempo, alla sua giovinezza, uscendo dalla struttura stretta del monologo riportando alcuni avvenimenti che rafforzano e descrivono meglio quell'aura di decadenza e di frustrazione al limite del disagio mentale che lo accompagnano ogni momento della sua vita.
Lo vediamo interagire con la gente, quella gente che inizialmente affronta spavaldo a testa alta sicuro di poter ‘educare’ ai suoi ideali di libertà di pensiero, ma che si rivela essere un muro contro il quale egli puntualmente si scontra facendosi male e reagendo con crisi isteriche, unico modo per evadere all'istante da una realtà che non gli appartiene, prima del totale rifugio nel sottosuolo ove, almeno temporaneamente, riesce a trovare la sua apparente pace interiore.
Con questa opera Dostoevskij non solo sancisce l’inizio di una nuova epoca letteraria in Russia, ma introduce in letteratura il concetto di ‘interiore’ che farà da apripista per la teoria dell’inconscio di Freud e ispirerà autori quali Joyce e Woolf che nella letteratura inglese introdurranno lo ‘stream of consciousness’, quella tecnica di riportare il monologo interiore eliminando ogni tipo di rielaborazione mentale.
Il tutto fu ispirato all'autore dal duro periodo di prigionia al quale fu sottoposto pochi anni prima e che lo fecero entrare profondamente in contatto con la propria interiorità, un contatto viscerale che aggiunge un ulteriore valore autentico allo scritto che ci invita prepotentemente alla riflessione su noi stessi facendoci sentire di fatto come attori divisi tra il palcoscenico della realtà interiore e quello della più scontata e familiare realtà esterna.
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Grazie.
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