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La vita davanti a sé
 
La vita davanti a sé 2014-10-05 20:45:41 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    05 Ottobre, 2014
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La vita davanti a sé di Romain Gary

“La vita davanti a sé” fu scritto da Romain Gary con lo pseudonimo di Emile Ajar e pubblicato per la prima volta nel 1975. Si tratta di un romanzo davvero interessante e originale, sia per il suo contenuto che per la forma espressiva. Il racconto è affidato al punto di vista di un adolescente, Momò, di origine araba, allevato da un’ex prostituta insieme con altri bambini, altrimenti destinati ad essere affidati ai servizi sociali. L’epoca in cui si svolge la storia è quella del secondo dopoguerra e il luogo è Parigi. È già una Parigi multietnica, popolata da una folla di diseredati. La realtà descritta da Momò , filtrata dai suoi occhi innocenti di ragazzo, perde ogni connotazione di volgarità. Di prostitute, travestiti, prosseneti si esaltano la generosità e il senso di solidarietà con cui ognuno soccorre l’altro nei momenti più critici. Ogni situazione viene descritta con umorismo, spogliata di ogni tragicità. Il mondo dei miserabili di Gary si distingue in questo da quello ben più drammatico di Victor Hugo, tanto spesso citato nel romanzo. Entrambe le opere hanno una forte funzione di denuncia, ma se in Hugo il mondo dei poveri viene sempre visto in contrapposizione e in contrasto con quello dei ricchi, il mondo di Gary rimane circoscritto in quei quartieri di immigrati che si distinguono per colore della pelle e per religione. Le battaglie politiche dei miserabili del diciannovesimo secolo, divengono le battaglie di integrazione dei musulmani, degli ebrei, dei perseguitati sfuggiti ai campi di concentramento. Se in Hugo la ragazza madre è emarginata dalla società e viene considerata con pietà cristiana dall’autore, le trasgressioni dei personaggi di Gary sono trattate con comprensiva indulgenza.
Due personaggi più degli altri si distinguono per il grande spessore umano, Madame Rosa e Madame Lola. Pur descrivendone l’aspetto grottesco, a tratti disgustoso, Momò ne esalta le qualità morali, rivelando il profondo legame affettivo che lo unisce a entrambe.
Il punto di vista straniante dell’adolescente Momò propone, dunque, al lettore alcuni spunti di riflessione importanti. In questa prospettiva va considerato il rapporto Francia-Algeria o Israele-Palestina a cui si fa talora riferimento attraverso alcuni accenni alle differenze religiose tra musulmani e ebrei.
La forma espressiva del romanzo è volutamente semplice, a volte perfino povera, come lo è di solito il linguaggio dei bambini e dei ragazzi.
Un romanzo che ha giustamente ottenuto il premio Goncourt e dal quale è stato tratto un film per la regia di Moshé Mizrahi che vinse l’Oscar nel 1978.

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Anna Maria: un'altra bella recensione.
Grazie Emilio!
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