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Elegia dell'orrore
“Quando ce ne saremo andati tutti qui resterà solo la morte, e anche lei avrà i giorni contati. Vagherà per la strada senza niente da fare e nessuno a cui farlo. Dirà: Dove sono finiti tutti? Ecco come andrà”.
Un uomo e un bambino. Senza un nome (che significato possono più avere i nomi? Che significato le parole qui, ora?)
Un uomo, un bambino e la strada da percorrere, fatta di cenere come tutto il resto, a volte di terra bruciata, oppure di catrame bollito dal sole e poi riasciugatosi in forme disumane e contorte (come i cadaveri, che possono spuntare dappertutto e in qualsiasi momento).
Un uomo, un bambino e il mare: una méta da raggiungere, senza nemmeno sapere esattamente il perché. Non importa quanto tempo servirà (qui e adesso il tempo non significa più nulla). Importa la distanza, invece: perché i sopravvissuti passano cauti e impauriti lungo il ciglio di una strada al cui centro cammina eretta la morte.
L'uomo non sa esattamente quanto manca alla costa. E il bambino tantomeno: non può far altro che seguire l'uomo, dormire con lui, mangiare quel poco di commestibile che si trova in giro.
Un uomo e un bambino.
Un padre e suo figlio.
“La strada” è un libro spietato e doloroso, ma splendido.
Una scrittura ridotta all'osso, come il mondo rimasto dopo l'apocalisse. Di cui McCarthy non spiega il perché (che importanza può avere, ormai? La civiltà è alle spalle, e dunque cancellata).
Una storia angosciante, di disperazione e istinto di sopravvivenza, di abisso (gli sguardi sul cannibalismo sono puro orrore per quanto siano appena tratteggiati... o forse proprio per quello). Tutto calibrato in funzione di una consapevolezza da grandissimo autore: non c'è posto migliore, per rendere visibile un barlume di umanità, che un infinito deserto (di cenere e dell'anima).
Un barlume di umanità:
quello di un uomo guidato dall'atavico istinto di proteggere suo figlio finché gli sarà possibile,
quello di un bambino che si dimostra l'unico depositario dell'antica pietà di cui è stato capace il genere umano, prima che tutto questo accadesse.
“Il bambino distolse lo sguardo. L'uomo lo abbracciò. Ascoltami, disse.
Cosa.
Quando sognerai di un mondo che non è mai esistito o di uno che non esisterà mai e in cui sei di nuovo felice, vorrà dire che ti sei arreso. Capisci? E tu non ti puoi arrendere. Io non te lo permetterò.”
“La strada” è un capolavoro. Si può giurare che lo sia stato già nella testa del suo autore, prima ancora di essere scritto. E come accade ai capolavori è difficile catalogarlo in un genere. Può essere un libro di fantascienza per chi è convinto che tutto ciò di cui parla non accadrà mai. Ma solo per chi ne è convinto.
Commenti
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L'ottima recensione ne glorifica l'immensità dolorosa. In effetti non è un romanzo per tutti, fa male eccome...
Non conosco l'autore, ma mi interessa. Forse non è il caso di cominciare con questo libro. Con quale, secondo te?
@emilio: se posso darti la mia opinione, io ho cominciato con questo ed è stato un perfetto inizio... ma se non vuoi cominciare da questo ti direi di iniziare da "Non è un paese per vecchi".
Bel commento !
avevo visto il vostro gradimento per questo libro ancor prima di scrivere la mia recensione. Gradimento ancor più rappresentativo perché proviene da chi, come voi, ha letto tanto di questo genere di narrativa.
Per quanto mi riguarda, questo romanzo mi ha davvero sorpreso: l'ho trovato nella mia libreria senza ricordare di averlo comprato, e l'approccio è stato assolutamente incosciente (quello di chi è convinto di avere in mano un libro come tanti altri); dopodichè, il resto è stato assolutamente stupefacente: essere catturato, sentire il bisogno di arrivare alla fine, palpitare, tifare, commuoversi, è stato un tutt'uno. Da tempo non leggevo nulla del genere. Alla fine, ho messo la copia appena letta in busta e l'ho spedita a mio padre (che mi ha fatto amare questo genere di narrativa), con questa dedica personale: "è triste dover correre una staffetta, quando non esiste più la pista per correrla". Non so se, conoscendo il libro (e qui metto anche C.U.B.), vi ci ritrovate.
Per Emilio: non conosco altro di McCarthy, perciò non so dirti. Come te, intendo però approfondire questo autore. Un caro saluto.
Grazie a tutti voi.
Ho letto il libro diversi anni fa senza troppa emozione e la tua rece è un invito alla rilettura.
Grazie
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