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Aura
La recensione contiene una anticipazione sul finale del libro
Un libro che si legge d'un fiato... sbagliando, perchè se la foga con cui si è portati a "divorarlo" è spiegabile con la trama avvincente e lo stile "sontuosamente letterario"(1), l'eccessiva fretta di procedere nella lettura può condurre a trascurare le necessarie riflessioni.
Un libro dunque che andrebbe letto due volte: una per goderne l'ebrezza, l'altra per carpirne i significati. A questo proposito, la prima considerazione che viene da fare è quella sulla accezione del termine "aura" più volte usato dall'autore nelle sue molteplici varianti del termine "profumo". Esso infatti può essere tradotto secondo il contesto in cui viene usato con le diverse significazioni di "brezza, effluvio, emanazione, alito, spirito o anima".
Il fatto che il protagonista del romanzo Jean-Baptiste Grenouille sia senza "odore", indica anche che egli è privo di "anima", e nella sequenza degli avvenimenti narrati, appare chiaro che egli è così perché sua madre lo aveva rifiutato appena nato destinandolo all'immondizia materiale e a quella spirituale. Abbandonato in un coacervo di rifiuti di un mercato alimentare della Parigi del 1738, egli non poteva che diventare un mostro.
Proprio perché senza odore egli si ingegna a sintetizzarne uno, elevandosi oltre le vette dell'arte profumiera. Ma la sua sublime preparazione, perseguita a costo dei più efferati delitti, non è in grado di procurargli una sua anima, che era l'oggetto vero delle sue affannose ricerche.
Certo gli uomini e le donne si inebriavano della sua aura artificiale e attraverso essa sembravano amarlo e desiderarlo... proprio lui che prima era rifiutato da tutti. Ma la mancanza di amore di cui è stato vittima sin dal suo primo vagito, ha fatto dei danni irreparabili perché "anche se il suo profumo di fronte al mondo lo faceva apparire come un Dio, se non riusciva a sentire il proprio odore e se quindi era condannato a non sapere mai chi egli fosse,se ne infischiava, se ne infischiava del mondo, di se stesso, del suo profumo"(2).
Decide quindi di morire in maniera orribile, tornando dopo 28 anni, nel luogo dove era nato fra i miasmi del Cimitière des Innocents, non lontano del mercato "nei cui vicoli stagnava un'aria pestifera"(3).
Un'altra considerazione sorge spontanea reperendo le pochissime notizie biografiche disponibili dell'autore.
Patrick Suskind "conduce una vita estremamente riservata,concede raramente interviste: egli è solito evitare di mostrarsi in eventi pubblici ed è arrivato persino a rifiutare importanti premi letterari tedeschi quali il Guttemberg, il Tukan e il FAZ"(4).
Sembrerebbe quasi che lo scrittore abbia trasferito alcune delle sue ossessioni nella sua celebre creatura letteraria.
Grazie per l'attenzione
Mario Colandrea.
(1) : Corriere della Sera.
(2,3) : Citazioni dal testo
(4) : Wikipedia