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Siamo lupi o persone?
Ne "Il lupo della Steppa" Hesse affronta uno dei temi a lui più cari, ovvero l'eterno e insoluto dissidio interiore che attanaglia ogni anima, quello cioè tra la spiritualità e l'istintività, tra la metà animale e la metà umana, presenti in ciascun individuo. A farne le spese è Harry Haller, un uomo di mezza età che vive in una condizione di permanente disagio. E' un outsider; in lui la parte istintiva e selvaggia ha da tempo preso il sopravvento su quella umana, trasformandolo di fatto in un lupo, incapace di immergersi nella società che lo circonda. Vive da emarginato in una condizione che, in apparenza, lo soddisfa, dal momento che si sente orgoglioso della sua superiorità rispetto alla borghesia dominante, da lui considerata vuota e portatrice di ideali vacui, scadenti. L'isolamento nel quale per forza di cose si rinchiude, incapace com'è di sentire la realtà allo stesso modo dei suoi simili, lo condurrà però a un'estrema sofferenza, sino alla decisione del suicidio, da lui visto come l'unica via di uscita da un mondo che gli sta troppo stretto. Proprio quando Harry pare aver preso la decisione di porre fine alle sue sofferenze, ecco spuntare l'ambigua Erminia, una donna all'apparenza spensierata e felice, ma in realtà dotata di un'intelligenza fuori dal comune. Si mostra subito capace di comprendere alla perfezione lo stato d'animo del protagonista, sino a diventare la sua intima confidente. In lei le due metà, l'uomo e l'animale, si sono perfettamente fuse, creando un essere capace allo stesso tempo di comprendere in profondità le vicende umane, e di rimanerne ferita, a differenza dello sventurato protagonista. Erminia gli farà da maestra nell'insegnargli tutte le gioie che la vita è in grado di offrire, fino a fargli apprezzare la realtà che fino a quel momento aveva allontanato con forza. Alla fine della vicenda, in un finale di storia altamente simbolico, ad Harry verrà svelato il segreto per vivere libero dai tormenti: ridere in faccia alla vita, agli avvenimenti, prendendo con leggerezza qualsiasi vicissitudine essa ci riservi.
Il messaggio finale va a concludere un romanzo che affronta, a mio modo di vedere con maestria, un argomento ostico, in seguito ripreso dallo stesso Hesse in "Narciso e Boccadoro". Dal punto di vista del contenuto, mi sento pertanto sicuro nell'attribuire il massimo punteggio all'opera. Con riferimento alla forma e alla scorrevolezza della storia, devo dire che questa procede molto bene, eccezion fatta per la parte finale, quella ambientata nel teatro, che non ho apprezzato molto in quanto troppo simbolica e avulsa dalla storia. In definitiva comunque il romanzo merita assolutamente di essere letto.
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Questo è un libro particolarmente cupo. Penso sia emblematico di un periodo di crisi dell'autore come persona. Certo, lui ci ha lasciato opere, anche 'minori' , molto più serene e rasserenanti. I testi scritti nel lungo periodo (finale) vissuto sulle alture del Lago di Lugano ci presentano uno scrittore, un uomo, pacificato con se stesso.