Dettagli Recensione
Il ripetersi del tempo
Mi appresto a scrivere di Márquez solo dopo la sua morte per consacrare una delle opere più efficaci della letteratura del Novecento. È un libro fantastico che senza aver letto la biografia dell’autore non può essere compreso nei dettagli della sua complessità. È la storia della famiglia Buendìa, sei generazioni narrate in un arco temporale di cent’anni in un paese di nome Macondo, fantastico e irreale, immerso nella foresta colombiana. Scorrendo le pagine ci s’immerge in un mondo nel quale vi è di tutto: animali, colori, fantasmi che lanciano imprecazioni o presagi, piante leguminacee, amori e guerra, manoscritti, lingue dialettali amazzoniche ed altro ancora. Passo dopo passo è vera emozione incontrare i vari personaggi sin dai capostipiti fondatori. È proprio Josè Arcadio Buendìa che, sposatosi con Ursula Iguaràn, dà inconsapevolmente inizio ad un vortice di eventi destinati a ripetersi nel corso del tempo. Scaturisce così una ripetizione di vicende e avvenimenti che oltre ad essere la caratteristica principale di quest’opera, la circolarità del tempo che, lungi dallo scorrere in maniera lineare seguendo un ordine cronologico, infonde al lettore una sensazione di labirintica prigionia e arrendevolezza di fronte all’imprevedibile succedersi degli eventi, altro non è che un’allegoria della storia dell’umanità, arricchita da suggestioni bibliche. Se da una parte, è possibile riscontrare degli elementi ricorrenti in tutto il racconto, dall’altra vi è una innumerevole quantità di eventi totalmente inaspettati e inverosimili. È il cosiddetto “realismo magico”, consacrato così per il perpetuo intreccio tra realtà e finzione, grazie al quale le apparizioni dei fantasmi, l’ascesa al cielo miracolosa di un membro della famiglia, un diluvio ininterrotto di quattro anni (sento ancora la pioggia cadermi vicino in quest'estate particolare) e altri numerosissimi fenomeni soprannaturali, si integrano perfettamente con la quotidianità della realtà famigliare. Tra un evento fantasioso e uno reale, sullo sfondo cangiante di guerre devastatrici, momenti di pacifica stabilità e calamità naturali che affliggono Macondo, l’autore Gabriel García Márquez descrive la vita, la personalità e le sfortunate vicende di personaggi che si ritrovano imprigionati in una solitudine profonda e inesorabile. Macondo strabilia e conquista, i suoi personaggi lasciano ciascuno un segno indelebile e Márquez disfa e ricompone i suoi protagonisti nel susseguirsi delle generazioni, nate da una coppia che teme una discendenza con la coda da porcellino, creandone una altrettanto assurda! Non è un libro semplice, richiede attenzione e impegno. Sembra dirci che la solitudine è la condizione dell’uomo: un uomo che combatte, si agita per non arrivare da nessuna parte, per ritrovarsi sempre nello stesso punto. Il tempo si ripete, i fatti si ripetono sviluppando interminabili cicli uguali a se stessi in cui oppressione e desolazione, nonché solitudine sono i sentimenti più comuni. Sembra contenere cento storie diverse, accumunate dal sangue e dal filo conduttore: la solitudine e i presagi. Occorre disegnare l'albero genealogico della famiglia Buendìa per non perdere il filo. La velocità della narrazione, l’inconfondibile stile semplice e fantastico allo stesso tempo, l’indiscussa originalità della trama e la misteriosa profondità con la quale è tratteggiato il profilo di ogni singolo personaggio rendono l’opera tra i migliori componimenti letterari del Novecento.
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Commenti
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Io, dopo la prima lettura, la pensavo come te. Abbastanza recentemente ho cercato di rileggerlo, ma non sono riuscito ad andare avanti: probabilmente dipende da me: attualmente sono orientato verso la letteratura europea; in particolare veleggio verso ii nord, alla ricerca di silenzio, storie introspettive, paesaggi (quasi) incontaminati.