Dettagli Recensione
La sofferenza vera
Nel Padiglione Cancro entri "qualcuno" e diventi un ammalato.
E non importa se entri con giacca e cravatta o con degli stracci, perchè varcata la soglia ogni singolo dettaglio o persona ti fa ricordare che tu hai il cancro.
Pavel Nikolaevic Rusanov credette di entrare in un ospedale ordinario, nulla di che, poi lui, dirigente di partito, sarebbe stato trattato da vero ospite d'onore; per questo, famiglia al seguito che lo scortava, non si fece mancare nemmeno il "pigiama nuovo nuovo, color verdebruno, e delle soffici pantofole da camera, con il risvolto di pelo", per rendere la degenza un pò più confortevole.
Per non parlare delle premure di sua moglie Kapitolina Matveevna che si sincerò immediatamente con l'infermiera che il marito fosse trattato con premura in quanto funzionario molto quotato, per cui avvezzo ad essere trattato con le massime attenzioni da tutti quelli che in qualche modo ci avevano a che fare.
Sino a quando non entrò nella stanza alla quale era stato destinato.
La famiglia non c'era più, il mondo esterno nemmeno, le attenzioni della gente solo un lontano ricordo.
Ora solo altri ammalati, come lui, chi più grave, chi meno, "otto esseri squallidi, in quel momento a lui quasi uguali, otto malati dai pigiama bianchi e rosa, ormai molto stinti e lisi, uno rattoppato, l'altro strappato, quasi tutti sproporzionati alle persone che li portavano".
Rusanov non ci mise molto a capire che l'aria che avrebbe respirato in quel posto aveva poco a che fare con ciò a cui egli era abituato; eppure ciò era un passo obbligato per prendere totale coscienza della gravità della malattia.
I veterani della stanza ormai riuscivano a sdrammatizzare il loro disagio, come Efrem, dalla parola facile che usava disinvolto termini quali "cancruccio" e "cancrone", un pò per sdrammatizzare, un pò perchè la lunga degenza portava effetti disastrosi e faceva perdere la pazienza.
La narrazione procede con la descrizione degli altri ospiti, ognuno con la sua storia, ognuno con il suo cancro, per ognuno dei quali Solzenicyn ci regala dei ritratti eccezionali che con poche pennellate ci trasportano dentro di loro facendoci comprendere la sofferenza e la voglia di guarire oppure, sembrerà strano, quella di morire, perchè per alcuni di loro solo la morte poteva rappresentare l'assenza di ogni dolore.
E tra tutti un posto d'onore spetta a Kostoglotov, ex deportato che subì la tragica esperienza del gulag, e nel quale è facile scorgere i forti tratti autobiografici dello stesso Solzenicyn, cancro incluso.
Rusanov contro Kostoglotov, il potere politico contro la lotta per i diritti umani, la finzione contro l'autenticità, la freddeza nei rapporti contro la voglia di amore, spesso soffocata.
La narrazione è attenta e scorrevole, ogni capitolo è compiuto e si sofferma su di un personaggio oppure su un rapporto tra più personaggi dando sempre quella sensazione di piacevole pesantezza che ci fa riflettere e soffrire insieme a tutti gli ospiti.
Un finale non scontato che accompagna Kostoglotov al di fuori dell'ospedale, finalmente "libero" come fosse uscito da prigione a godere di semplici cose quali una passeggiata e finalmente pronto a dichiarare il suo amore per quella persona che lo aveva curato, la dottoressa Gangart, verso la quale non era mai stato capace di esternare nulla, sia per timidezza, sia perché nel Padiglione cancro non c'era spazio per l'amore!
Un romanzo pieno di sofferenza, ma anche di amore, amore celato, ma non per questo di scarsa potenza; una cornice alla vita dell'autore che la sofferenza l'aveva vissuta e in tal modo ha deciso di farcela conoscere con un monito a non dimenticare.
Indicazioni utili
Commenti
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
Ordina
|
L'autore è un Grande della letteratura : tutti i conti tornano.
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |