Dettagli Recensione
Una Terra grigia e terrificante
Quanti scrittori, autori, fumettisti hanno immaginato la fine del pianeta Terra? In quanti innumerevoli modi diversi tra loro hanno descritto la fine del nostro, spesso trascurato, pianeta? Guerre nucleari, epidemie, carestie, alieni conquistatori, alieni costruttori di autostrade intergalattiche... e l’elenco potrebbe continuare per lungo tempo. Anche “La Strada” di Cormac McCarthy ci rende partecipi di un futuro apocalittico della Terra. Ma la cosa particolare è che lo scrittore non si sofferma sulle cause del declino del pianeta, bensì sulla cupezza e sul grigiore delle terre una volta piene di colore e di vita; sull’esistenza dei sopravvissuti, attanagliati da un terrore costante e privi di una qualsiasi voglia di vivere, che portano avanti la propria esistenza per inerzia, solo perché lasciarsi morire, o uccidersi sembra sbagliato, o semplicemente, perché la nostra anima si aggrappa alla vita anche nella peggiore delle condizioni. Nel libro lo scrittore lascia tutto anonimo, volutamente.
Vaghiamo quindi in un pianeta Terra distrutto (non si sa come), in compagnia di due protagonisti senza nome (un uomo con il suo piccolo figlio), in un territorio senza nome (America? Europa? Australia? Chissa.), permeato dal grigiore dell’aria e dal terrore che si presenta in modi differenti, la fame, la sete, il freddo, la pioggia, i sopravvissuti che, resi senza scrupoli dall’egoismo di una vita fatta di ristrettezze, non sono che un pericolo gli uni per gli altri.
L’autore per me in questo libro fa un lavoro egregio, seppur la trama non sia ricca di colpi di scena, le descrizioni di quella landa desolata; l’illustrazione delle ristrettezze alle quali sono costretti i protagonisti, dovute alla mancanza di risorse; il terrore che li circonda e non li abbandona in nessun momento, è descritto da McCarthy in maniera egregia e coinvolgente. Durante la lettura si crea nella mente del lettore l’esatta immagine che l’autore vuole descrivere.
Certe scene sono di una crudezza spiazzante, in alcune parti mi ha portato alla mente anche il grande Edgar Allan Poe, mettendo in risalto l’istinto crudele che si impossessa dell’essere umano che vuole sopravvivere, portandolo ad essere in grado non solo di uccidere un altro, con la forza bruta o rubandogli ciò che ha per vivere, ma anche di cibarsi dei propri simili e addirittura dei propri neonati. Questo istinto forsennato di sopravvivenza, porta all’impossibilità di rifondare una società dalle ceneri, ognuno troppo occupato a sé stesso, a sopravvivere nelle ristrettezze, pronto a sacrificare un proprio simile per un po' di cibo in scatola.
Con il loro vagare, i protagonisti ci mostrano il post-mondo immaginato da McCarthy nella sua interezza, contrapponendo lo spirito egoistico dell’uomo adulto, capace di (quasi) tutto al fine di garantire la sopravvivenza a sé e al proprio figlio, rispetto allo spirito altruistico del bambino, pronto a privarsi del cibo, dei vestiti, per aiutare anche un povero vecchio. I bambini portano il fuoco, da loro riparte la nostra speranza. Non conoscono rancore, odio, egoismo, e forse, se tutti conservassimo dentro di noi qualcosa dei bambini, potremmo impedire forse non a una razza aliena di distruggere la terra per costruire un’autostrada, ma sicuramente di andare incontro all’autodistruzione. In qualsiasi modo essa possa presentarsi.
“E forse oltre i flutti nebbiosi c’era davvero un altro uomo che camminava sulle sabbie morte e grigie insieme a un altro bambino. Dormivano solo a un mare di distanza da loro, in mezzo alle amare ceneri del mondo, oppure stavano in piedi nei loro stracci, rinnegati dallo stesso sole impassibile.”
Indicazioni utili
Bioshock: Rapture
Le avventure di Gordon Pym
Commenti
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ho stra-amato questo testo, stile esemplare
A breve guarderò anche io il film :)
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Dovro' leggere altro dell'autore prima o poi.