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Cinque sorelle per cinque suicidi
Sorelle Lisbon. Un sogno, un' utopia romantica, una divinità pentacefala, un' idealizzazione estrema e dolce del mondo femminile. Questo secondo il pensare di chi negli anni si è crogiolato nella rievocazione di un'adolescenza fatta di passioni incontenibili, ma anche investita dal gelido soffio della morte.
Dipartita volontaria, decesso autoinferto, suicidio: stessa decisione per le ragazze, passate nel mondo dei più nel giro di un anno. Amore spassionato e senso di colpa per la comunità giovanile ossessionata dalla misteriosa (im)perfezione di quei corpi ricoperti da abiti sempre stuzzicanti nonostante non di foggia recentissima e piuttosto mortificanti delle forme, dei loro capelli profumati, di labbra agognate raggiunte solo da pochi eletti.
Il peso della vita sulle cinque sorelle, prigioniere di una madre dispotica e di un padre senza nerbo, incatenate a una casa che deperisce assieme a loro. Ragazze, non ancora donne, bloccate eternamente tra fanciullezza ed età adulta, entrate in un mito che le eleva al di sopra di tutto prima che la natura umana ne porti a galla debolezze, fragilità, fino a soffocarne tramite la convenzione sociale ogni enigmatico fascino.
Le Lisbon fendono la memoria perchè non allineate, comprese nel loro gesto estremo anche da chi in un primo momento aveva stigmatizzato. Ricordate per sempre come quegli amori struggenti, feroci, destabilizzanti, mai consumati, cristallizzati in una casa-albero divenuta altare alla memoria.
Piccole donne incapaci di comprendere il mondo circostante, il loro passaggio terreno impresso in piccole istantanee e oggetti che iniziano a sfocare col diradarsi dei capelli e le pancette prominenti, di chi, allora aitante, le aveva desiderate, spiate, a suo modo amate.
Sempre molto scorrevole, spesso descrittivo, Eugenides con piglio tra il malinconico e il sognante ci immerge nell'epopea di un'esistenza troppo breve, paragonabile a quella dell'effimere crisope, onnipresenti nel quartiere seppur solo per qualche battito di ali.
Cala il sipario, non sul ricordo, alimentato dall'autore che trova picchi di incredibile pathos e restituisce al lettore un amore platonico eppure talmente veemente da sopravvivere alla morte e all'implacabile scorrere del tempo.
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