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La città delle donne
Gioconda Belli è poetessa, giornalista e scrittrice nicaraguense che ha partecipato in modo attivo alla rivoluzione sandinista. In questo romanzo realizza la sua utopia, immaginando uno stato interamente nelle mani delle donne: presidente, governo, esercito, polizia … tutte donne.
A Faguas (“paese sfortunato, dove la realtà sfidava costantemente l’immaginazione” perché “la cronaca nera era all’ordine del giorno”) s’impone “il partito della sinistra erotica”, capitanato da Viviana Sanson, donna volitiva e ricca di idee. Il successo - come sempre - è determinato dalla combinazione favorevole di qualità personali e fortuna. Quest’ultima,, nel romanzo, è una circostanza straordinaria: l’eruzione violenta del vulcano riduce il testosterone negli uomini, fiaccandoli, rendendoli imbelli…
Ma Viviana è presto vittima di un attentato. Un proiettile si conficca nel suo cervello e lei, dal letto dell’ospedale, in coma, rivive fatti politici e personali attraverso oggetti evocativi: gli occhiali da sole, la sveglia, la tazza, un anello, un ombrello uno scialle…
Il progetto politico di questa utopia, qual è?
Parte da una constatazione: “Abbiamo sprecato già troppo tempo a vergognarci di essere donne o a cercare di dimostrare che non lo siamo … come se essere donne non fosse la nostra grande forza .. ma ora basta: impugniamo tutti gli stereotipi femminili e portiamoli all’eccesso.”
Seguono le riforme democratiche, la pulizia anche fisica degli ambienti (“vedere le strade pulite e abitare in un quartiere senza spazzatura ti cambia la mentalità, ti fa venir voglia di darti da fare, di vivere meglio …”), l’attuazione del progetto felicità. Vengono adottate misure concrete volte a reprimere le prepotenze maschili, dallo stalking allo stupro: “L’idea di esibire gli stupratori sulla pubblica piazza, chiusi in una gabbia …” “agli stupratori sarebbe stata tatuata una S sulla fronte …”
Il governo applica un’affascinante politica economica (privilegia la produzione dei fiori da esportare), persegue un’innovativa politica sociale (fondata su nuove strutture pubbliche, su una nuova organizzazione della famiglia, della scuola e del lavoro. “Per abolire l’aborto non serve proibirlo, è necessario smettere di penalizzare la maternità …”) e interpreta una benefica vocazione ecologista (un’asta mondiale dell’ossigeno!).
La ginocrazia si fonda su una consapevolezza: “Invece di cercare di dimostrare che siamo tanto ‘uomini’ come qualunque maschio e pertanto capaci di governare, dovremmo enfatizzare le caratteristiche femminili, quelle che normalmente le donne che aspirano al potere nascondono come fossero difetti: sensibilità, emotività.”
L’attentato al presidente pone un delicato problema di successione: tra una sommossa insurrezionale, l’ansia per il risveglio dal coma di Viviana, le attestazioni di affetto (fiori e lumini sui marciapiedi, come ai tempi della morte della principessa Diana) e una manifestazione popolare plebiscitaria, “nel paese delle donne” troviamo un’altra risposta alla domanda “ha ancora un senso, ai giorni nostri, un movimento femminista?”
Voi come rispondereste a questa domanda?
Bruno Elpis
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Certo è che, oggi, una tenue spruzzata di femminismo sulle veline non guasterebbe...
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