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La giustizia e il sogno
Questo è un libro che parla di israeliani e di palestinesi, fin dall'alba del loro dolore. Ne parla un'israeliana dalla parte della pace, che in quanto a rinunce non porta meno dolore della guerra. Il protagonista è un bambino palestinese che, a causa della violenza dei soldati che obbediscono alla politica del governo e della rabbia dei terroristi che sono stati anche suoi amici, perde tutto quello che può perdere un essere umano: l'agiatezza, la possiblità di studiare, due sorelline uccise e un fratello che si abbandona alla vendetta, il padre condannato innocente, la casa. In questo niente che ha, aleggia l'insegnamento del padre ("non si può vivere di rabbia") e così Ichmad si assume la responsabilità di capofamiglia a dodici anni, lavora anzi che studiare, raccoglie e guida la madre e i fratelli più piccoli attorno all'albero di mandorlo che da posto di vedetta è diventato casa presso cui sdraiarsi al coprifuoco. La ricerca tenace della pace parte da qui, da questo apparente nulla. E si nutre del talento e dei sogni di questo ragazzino, che riesce a insegnarci la vita anche dove la vita sembra non potersi più vivere. Il libro è scritto in uno stile giornalistico che non lascia spazio a sentimentalismi e raggiunge sicuramente lo scopo di far riflettere sugli anni che hanno cambiato il corso della storia nel mediterraneo. Più in generale, su come si possa non farsi snaturare dalla violenza se si cede all'amore per la propria gente e, in ultima analisi, per se stessi.
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