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Più Celine che mai
Appena finito di leggere Colloqui con il Professor Y di Louis Ferdinand Celine le orecchie mi fischiano come fuori da un concerto rock...la sua petite musique non è qui jazzisticamente sincopata fino all'estremo come in Nord, ma la potenza e la copiosità delle sue invettive valgono un muro di casse da 200 watt almeno. I suoi arcinoti tre puntini di sospensione guidano il lettore attraverso una pseudo-intervista/soliloquio in cui aspre e ferventi critiche al mondo della cultura ufficiale, al mercato della letteratura e alla società consumistica moderna in genere, si mischiano ad una lucida analisi della propria poetica.
Le invettive tambureggianti di un Celine sempre sulla difensiva si spingono spesso fino alla coprolalia e annichiliscono un fantomatico Professor Y, che nel suo ruolo di intervistatore finisce per essere una rappresentazione del miope e rancoroso sottobosco culturale di professorucoli aspiranti Goncourt, sempre pronti ad attaccare ciò che non capiscono un po' per paura, un po' per invidia e di fatto condannati all'arretratezza letteraria, a scrivere "compitini" (come li definisce Celine) invece di romanzi.
La fine farsesca del pamphlet, con un Professor Y ormai impazzito che cerca di tuffarsi in una fontana e insiste per portare rose e gladioli all'editore Gallimard, trova giustificazione nell'improvvisa consapevolezza della propria inadeguatezza letteraria da parte dell' intervistatore/scrittorucolo medio Prof. Y, messo alle corde da Celine e dalla sua "piccola invenzione" dell' io perpetuo.