Dettagli Recensione
La strada
Buio, freddo, pioggia, neve, cenere grigia che copre ogni cosa in una terra ostile dove un bambino e suo padre avanzano lentamente verso il tepore. Non c’è più nulla: né la natura, tanto cara a McCarthy, né animali, né uomini, né tanto meno cibo. I pochi sopravvissuti si evitano e si temono a vicenda. Non sappiamo quale immane cataclisma abbia ridotto così la terra, probabilmente una guerra nucleare, poco importa: è il risultato che conta non la causa. L’autore non ci dice i nomi del bambino e del padre né ci descrive le loro fattezze (a parte la loro magrezza da campo di concentramento). Interessano al lettore questi dettagli? No, nel modo più assoluto e poi ognuno può immaginare il bambino e l’uomo come meglio gli aggrada. Rimaniamo coinvolti, sin dalla prima riga, dai dialoghi concisi, ma carichi di significati, tra l’uomo e il bambino tra il padre e il figlio, siamo trascinati dalle brevi descrizioni di un mondo che non c’è più, un mondo ritornato alla violenza primordiale, dove la pietà verso i vecchi non esiste, dove la tenerezza verso in bambino abbandonato ti fa diventare un bersaglio, dove solo l’intensissimo sentimento d’amore tra padre e figlio sopravvive ed è proprio questo “il fuoco”, che il bambino porta con se, che gli permetterà, forse, di essere accettato da qualche altro sopravvissuto. Un romanzo stupendo e crudo che merita in pieno il premio ricevuto. Un libro da lasciare sedimentare e poi rileggere perché riesce a darti tanto.