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Il cacciatore di aquiloni
 
Il cacciatore di aquiloni 2014-06-20 08:06:38 diogneto
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diogneto Opinione inserita da diogneto    20 Giugno, 2014
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"la tristezza poi ci avvolse come miele"

C’è una canzone di Guccini che, ieri sera mentre pensavo a questa recensione, mi sbarluccicava nella testa. Si tratta di “Incontro” dove, due ex amanti, si incontrano dopo 10 anni e, come se il tempo e il mondo intorno a loro si fermasse, rimangono soli nella scena ripercorrendo le strade della memoria. Ma non è tanto il senso della canzone che mi ha portato a legarla al libro di Khaled Hosseini “Il cacciatore di aquiloni” [ PIEMME 2004] quanto l’atmosfera che si crea intorno a chi legge il libro, la sensazione che il mondo si fermi intorno, e alla strofa “la tristezza poi ci avvolse come il miele…”

Tristezza e miele… sembrano quasi un ossimoro, sopratutto se si pongono sullo sfondo di una storia ambientata negli anni più crudi dell’Afganistan, invece racchiudono le verità di ogni vita dove la tristezza e il miele si uniscono in un unico gusto da assaporare fino al giorno in cui, con una visione d’insieme che solo l’età ti può dare, puoi trovare miele nella tristezza e tristezza nel miele.

Così è la storia del piccolo Amir che si fa compagna di vita la paura di non essere all’altezza delle prospettive del padre, la non capacità di contraccambiare l’amicizia del “servo” Hassam, la vita da estraneo tra i suoi fino a che, l’aspirale che lo porta lontano da se stesso, non gli ripropone la sua stessa storia a ritroso in modo da chiudere ogni porta lasciata aperta e concedere, alla sua stessa vita, quella chiusura che rende tutto perfetto come un cerchio.

In un romanzo crudo come questo, dove le figure dei talebani vengono dipinte nella loro assurda osservanza a qualcosa che neanche conoscono, anche l’Islam può essere letto nella sua forma più profonda e veritiera. Gli estremi, anche in questo caso, si contorcono ma lasciano intravedere quell’umanità profonda propria di questa confessione che, ponendo al centro l’uomo, lascia i terreni dell’ortodossia cieca e muta per camminare, con Amir adulto, sui campi dell’amore e della misericordia.

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Commenti

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Bel commento.
Penso di essere uno dei pochi a non aver letto questo libro. Però chissà...
ciao Alessandro, da diverso tempo ormai evitavo di leggere recensioni su questo famosissimo titolo di Hosseini, perchè mi erano venute a noia, soprattutto odio leggere le solite pappardelle riassuntive....
la tua recensione ha catturato la mia attenzione fin dalle prime righe eppoi me la sono letta tutta d'un fiato!
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diogneto
21 Giugno, 2014
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grazie... non mi piacciono i riassunti. Penso sia meglio lasciare parlare le emozioni.
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diogneto
21 Giugno, 2014
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grazie
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gracy
21 Giugno, 2014
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Anch'io quoto Silvia! M hai catturato e fatto riemergere il ricordo del piccolo grande Hassam
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diogneto
21 Giugno, 2014
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grazie ma mi mettete in imbarazzo!
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gracy
21 Giugno, 2014
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Pensa che in molte scuole lo hanno adottato come testo di narrativa, quindi è stato detto di tutto sul testo, eppure c'è sempre qualcosa che in alcuni spicca di originalità :)
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diogneto
21 Giugno, 2014
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è un libro veramente completo! ma potrebbe essere usato male! specie sulla questione islam... sono temi delicati!
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gracy
21 Giugno, 2014
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Certo, sono d'accordo, tutto dipende dall'insegnante e dall'impostazione globale tra il testo e i fatti, ci vuole molto buon senso
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diogneto
21 Giugno, 2014
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la "strumentalizzazione" di questo testo sarebbe uno dei peccati più grandi nei riguardi proprio di chi, come Hassam, viveva una dimensione profonda dell'Islam!
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