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Speranza nella disperazione
Una storia complessa e che richiede molta attenzione per non perdere il filo. La bravura di Khaled Hosseini, da me già apprezzato in "Il cacciatore di aquiloni", consiste nel riuscire a tenere il lettore attaccato a un libro ambientato in un mondo, l'Afghanistan, che nessuno di noi conosce realmente e di cui l'autore ci dà una rappresentazione spiazzante e che non può lasciare impassibili.
Il libro consiste in una serie di episodi che attraversano tre generazioni e si legano l'uno all'altro come una serie di anelli dalla quale il lettore non riesce ad uscire fino alla fine. Numerosi sono quindi i personaggi che vengono descritti e e con la cui interiorità, spesso lacerata dalla vita in un Paese senza speranza, chi legge è chiamato a confrontarsi e, magari, identificarsi.
Personalmente i personaggi che mi hanno maggiormente colpito sono stati Nila Wahdati, col suo anticonformismo che suona come un atteggiamento di ribellione da parte di una donna schiacciata da norme sociali da cui vuole evadere, e Pari figlia di Abdullah, con una sensibilità così marcata da avvertire su di sè il fantasma di un'altra presenza che sembra completarla idealmente.
Nodo fondamentale di questo libro è l'amore, probabilmente perchè in un Paese come l'Afghanistan non c'è altro che possa salvarti se non l'amore per la famiglia, l'amore per una sorella perduta, per un fratello di cui si hanno ricordi vaghi, l'amore inteso come pietà per qualcuno meno fortunato, l'amore inteso come fedeltà a qualcuno che è stato generoso. Amore in generale inteso come legame tra anime, come fonte di una speranza, perchè "La verità è che, malgrado le difficoltà insormontabili, tutti noi aspettiamo sempre che ci succeda qualcosa di straordinario."
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