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la decadente bellezza di un sogno
VISIONARIO. E lo scrivo in maiuscolo. E’ questa la parola adatta per questo romanzo, e non mi riferisco alla definizione generale che intende “chi ha delle visioni o delle apparizioni soprannaturali”, ma all’estensione cinematografica del termine che indica “un qualcuno particolarmente dotato della capacità di creare situazioni e immagini fantastiche, irreali e di forte impatto visivo, che elabora disegni inattuabili” (Treccani).
Ora ditemi, un uomo che costruisce la propria vita, la propria carriera, la propria reputazione e la propria magnifica casa, che regala feste grandiose a cui partecipa a stento e che basa ogni singolo battito dei propri occhi e del proprio cuore solo ed esclusivamente nella speranza di rincontrare il suo perduto amore, come lo si potrebbe definire se non visionario?
E’ così, credo che non ci sia personaggio più adatto di Jay Gatsby a cui associare questo aggettivo.
Pare poi che comportamenti del genere siano fuori moda, abituati come siamo ad avere tutto e subito, nella frenesia di ottenere quello che vogliamo senza il piacere dell’attesa e della conquista lenta ma piena di significato. E’ per questo specifico motivo che mi sono innamorata di Gatsby, un uomo che la voce narrante definisce come “un figlio di Dio, frase che vuol dire proprio questo, e doveva continuare l’opera del padre mettendosi al servizio della bellezza vistosa, volgare, da prostituta”.
Che vuole dire bellezza vistosa, volgare, da prostituta e perché usa il temine “doveva”?
E’ un’arma, un mezzo come un altro per arrivare al proprio obiettivo: Jay Gatsby, nato James Gatz, è innamorato da sempre di Daisy Fay ma, povero in canna, non riesce a tenerla per sé e lei preferisce non aspettare (ah!la maledetta attesa) sposando Tom Buchanan, un ricchissimo e famoso giocatore di polo.
Il problema è che Jay torna, più ricco di Re Mida, e tramuta in oro qualsiasi cosa egli tocchi.
Ecco dove sta la bellezza volgare: le feste, lo sfarzo, la grandiosità, l’assoluta indifferenza riguardo lo spreco di denaro, il jazz dei Roaring Twentis, lo champagne a fiumi, tutto solo per riconquistare lei, Daisy. Accecata dal lusso ostentato di proposito, la nostra margherita tornerà tra le braccia di Jay.
Mi devo togliere un sassolino dalla scarpa: più ci penso e più mi rendo conto che Daisy è uno dei personaggi che più odio tra quelli che annovero nella mia lunga storia di lettrice accanita.
Ha ragione Jay quando dice che lei non capisce: ma non potrà mai capire! È un’arrivista, una voltabandiera, una di quelle tipiche donne che sembrano avere un’aria angelica ma che in fondo sono le più terribili portatrici di disgrazie e di insensibilità.
Mi chiedo di cosa si sia innamorato Jay; il libro di certo non la descrive in questo modo, è solo il mio pensiero nato dal fatto che ho tanto amato il personaggio di Gatsby, che qualsiasi cosa gli recasse danno, mi saliva in antipatia.
E’ uno spirito puro lui, candido, alla ricerca perenne del raggiungimento di un sogno, di un’utopia..e la sua grandezza (a cui il titolo allude) sta proprio nel fatto che, nonostante la sua visione sia quasi irraggiungibile, lui non si fermi e doni tutto sé stesso in nome di quell’ideale autentico e incorrotto.
Ma come spesso succede, la fragilità di questo tipo di sogni mal si concilia con la durezza spietata della realtà, e tutto andrà in rovina, indirettamente, proprio a causa dell’oggetto dei suoi desideri.
Uomini come Jay Gatsby non esistono, è per questo che diventano mito.
Sfortunatamente, al contrario, donne come Daisy ce ne sono tante e anche molto più terribili di lei.
Forse è un bene dunque che Gatsby sia solo un personaggio di fantasia perché in questo modo, nonostante il tragico epilogo, il suo sogno e la sua visione delle cose rimangono intatte.
“Vastus animus immoderata, incredibilia, nimis alta semper cupiebat”
“Il suo insaziabile animo si volgeva sempre alla ricerca di cose smisurate, fantastiche, troppo grandi”- Sallustio
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