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C'era una volta....l'America
"....Li spappoleremo addosso a quei muri". "Contro quei muri", corresse Perry che era maniaco dei dizionari e amante dei vocaboli difficili."
La prima volta che sentii qualcuno scambiare opinioni su Capote fu in un film musicale "american style".
Due giovani, in un aula scolastica, dibattevano di letteratura e venne fuori una frase del tipo: "la grandezza di Capote è stata quella di prelevare i crimini del ghetto e piantarli nell'orticello dell'America perbenista e benpensante".
Non posso che concordare e applaudire la brillante sottolineatura.
"In a cold blood" esce inizialmente a puntate sulla rivista New Yorker. Una nazione intera si ferma a commentare, stupita da ciò che lo scrittore ha plasmato.
Capote stravolge il giornalismo.
Quello che ha messo su carta è qualcosa di innovativo, di mai visto prima.
Si tratta di un progetto narrativo dal solido impianto giornalistico che utilizza un metodo di scrittura creativa mescolata a realismo letterario divenendo, così, il primo tentativo nella storia della letteratura di "romanzo reportage".
Questo lavoro è stato per Capote "croce e delizia"; delizia, in quanto grazie a questo progetto raggiunge una notorietà inimmaginabile e croce, perché le critiche dell'opinione pubblica lo perseguiteranno per tutta la vita.
I fatti che compongono la trama, si possono rendere in breve, come se si stesse leggendo un articolo di cronaca nera.
Un piccolissimo villaggio del Kansas occidentale, Holcomb, ha nel suo circondario diverse fattorie. River Valley, è una di queste.
Qui, al suo centro, sorge una grande villa occupata dalla famiglia Clutter; tutti i componenti della famiglia sono benvoluti e stimati dalla comunità.
Herbert Clutter, è il capofamiglia e con lui vivono sua moglie Bonnie e i loro due figli minori Nancy e Kenyon.
La mattina del 15 novembre del 1959 vengono ritrovati, da amici di famiglia, massacrati nella loro casa.
Cosa mai ha potuto scatenare una tale ferocia? Qual'è il movente dietro tutto questo?
La tranquilla comunità è devastata e il panico si diffonde.
La domanda da porsi è: "E se gli assassini vivessero in seno alla comunità?".
Qualcosa si spezza e niente sarà più come prima.
Partono le indagini ma nonostante gli sforzi del detective Dewey e di alcuni specialisti, non si arriva a niente finché, una soffiata conduce a due giovani pregiudicati, Richard Eugene Hickock detto "Dick" e Perry Edward Smith. Questi, verranno acciuffati a Las Vegas, saranno interrogati, processati ed infine giustiziati per impiccagione il 14 aprile del 1965.
La lettura di questo libro, in me non ha suscitato grande stupore, in quanto, tempo fa avevo letto qualcosa che gli si rifaceva sotto molti aspetti: "Omicidio a Road Hill House" di Kate Summerscale, ambientato nella moralista Inghilterra vittoriana.
I due romanzi però restano, di fondo, profondamente diversi; la Summerscale, ad esempio, sarà sempre defilata rispetto alla storia che racconta, non ne sarà mai coinvolta in prima persona anche perché il fatto narrato accade circa un secolo prima; invece Capote vi si immerge totalmente, compie interviste alla gente del posto e arriva persino a frequentare i due detenuti per capire, nel profondo, le motivazioni dietro il delitto, i caratteri dei due e le loro storie di confine e, per questo, verrà anche accusato di simpatizzare con gli assassini.
Cosa emerge dalla lettura di questo libro?
Sicuramente la lotta di classe e le colpe di un sistema capace di creare mostri.
Con Capote, il sogno americano vacilla; egli è un ritrattista che mette su tela due assassini e li accosta ad un altro ritratto, quello della famiglia Clutter e della cittadina dove vivono. Ne risultano due universi paralleli. Da un lato l'America delle certezze, della stabilità, del perbenismo e dall'altro l'arte di "arrangiarsi" con i soli mezzi a disposizione che per Perry e Dick diventano crimini. La cosa che stupisce di più nella scrittura è l'estrema lucidità, la freddezza cinica con cui Capote racconta, spiega e descrive. In sintesi, un capolavoro. Ringrazio Cristina72 per il prezioso consiglio letterario, troppo a lungo snobbato.
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Dell'autore ho letto esclusivamente "Arpa d'erba" (?) , che non mi ha entusiasmato. Penso sempre più che la conoscenza di uno scrittore debba iniziare dalle sue opere più belle e rappresentative.
Questo tuo Commento mi ha fatto riconsiderare Capote.