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Line
“Mia madre era la ladra, la mendicante, la puttana del villaggio”.
La lama di un lungo coltello conficcata nella schiena di un uomo con l'intento di trafiggere anche la donna addormentata sotto di lui: un'immagine di furia omicida contrapposta alla passione carnale.
In Tobias c'è l'intelligenza di quest'uomo e la bellezza selvaggia di questa donna, il suo animo è una ferita aperta, la sua mente un caos in cerca di pace.
Tobias aspetta la vita vera mentre trascina una squallida esistenza da operaio emigrato, apatico e solitario. Aspetta Line, con un'ostinazione che è quasi follia:
“Si chiama Line, è la mia donna, il mio amore, la mia vita. Non l'ho mai vista”.
Si sbaglia su tutti i fronti, ma lo scoprirà soltanto dopo averla incontrata e amata di un sentimento disperato, puro e depravato.
Scoprirà che si può sopravvivere anche facendo a meno dei sogni, con la soddisfazione arida di quelli che, a fine giornata, “chiudono le loro porte a doppia mandata e aspettano pazientemente che la vita passi”.
Forse, se ci fossero solo loro due al mondo l'amore sarebbe possibile, ma Line è la felicità di un'infanzia incontaminata che non può tornare, quella di un bambino che guarda la luna e crede ancora che tutto sia argento e luce, mentre in realtà “ci sono solo campi morti e fangosi”.
La prosa asciutta e a tratti amaramente ironica di questo brevissimo romanzo diventa poesia per esprimere un dolore sordo che non trova altro sfogo, poesia che restituisce la libertà di un volo immaginario ad un uccello dalle ali spezzate, dal cuore infranto.
Si corteggia la morte, ma si continua a vivere:
“Io conosco campi meravigliosi. Se tu potessi raggiungerli, ignoreresti il tuo cuore”.
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Commenti
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Tu ci credi? Io no, no, no. :-)
Ciao!
@Neri: penso che potrebbe piacerti, si legge in un paio d'ore.
Grazie Robbie ;-)
L'abbiamo letto quasi assieme Cristina,ti consiglio "La trilogia della città di K" di Agota
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