Dettagli Recensione
Ieri
“Ieri tutto era più bello, la musica tra gli alberi, il vento nei miei capelli e nelle tue mani tese al sole.”
Con Agota Kristof non sai mai quando dice la verità e quando racconta le menzogne.
Facilmente individuabile è la nazione non ben definita in cui è ambientato questo romanzo, è un posto ricco, dove trovano riparo molti profughi e dove anche il lavoro nelle fabbriche non è difficile da trovare se si pensa che c’è in corso una guerra. Il salario di un operaio è basso, a malapena si riesce a mangiare e pagare l’affitto, ma il lavoro è indispensabile per la vita stessa e chiunque ce l’ha sopravvive. L’operaio ha una vita monotona, si fanno sempre le stesse cose: un cartellino da timbrare, la regolarità degli orari degli autobus che fanno fermate fisse, un pasto alla mensa di modeste proporzioni, ma l’uomo ha una mente che elabora pensieri e il protagonista ha molto da pensare, tra quello che è la sua vita presente sulle basi di quello che è stato il passato, per meglio reinventarsi il futuro. Si illude di essere perfino un bravo scrittore che farà carriera vendendo la sua storia. Intanto ha un nome inventato, una vita inventata, diverse incertezze, tanti dubbi e una sola attesa che si chiama Line.
La vita non è mai perfetta.
La vita di Tobias o Sandor che si reinventa, che si racconta in questo romanzo è il fulcro di questo piccolo romanzo di appena 90 pagine ma corposo nella sostanza. Eppure è il romanzo perfetto, dove anche le imperfezioni compiute dal protagonista e dagli altri personaggi diventano fondamentali per la riuscita di questa piccola opera dal messaggio chiaro e preciso. La sua vita è alienata dalle insoddisfazioni e dalla sofferenza e spesso è sinonimo di morte, ma sarà che accarezzando il pensiero della morte Tobias o Sandor finirà per amare la vita?
“Amavo la morte. Amavo giocare con la morte. Posato in cima alle oscure montagne, chiudevo le ali e, come una pietra, mi lasciavo cadere."
Ma non arrivavo mai fino in fondo.”
E’ un classico esempio di quando si dice che la qualità di un libro non è proporzionata alla quantità delle pagine. Dilungarsi nella trama non ha senso, eppure l’ho fatto e forse scriverei all’infinito, superando anche le 90 pagine, anzi consiglio vivamente di non leggere la quarta di copertina e farsi questo viaggio semplicemente iniziandolo a leggere in una sola pausa lettura. Lo stile e la forma espressiva sono catalizzanti, se conosci Agota sai che sei nelle sue mani e soffrirai molto per quello che ti racconterà, con la consapevolezza di non riuscire a staccarti dalla lettura perché vorrai ardentemente conoscere se salterà fuori il punto d’incontro tra il passato e il presente.
-Hai scelto di scappare e di diventare un niente. Un operaio di fabbrica. Perché?
-Perché è diventando assolutamente niente che si può diventare uno scrittore.
Agota aveva tanto talento da vendere.
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Ovviamente mi accodo ai complimenti!
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