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Un uomo e le sue qualità
Murakami anche questa volta non costruisce castelli di sabbia e non ci propina ridondanti storie dal gusto insipido, pur mantenendo costante il suo modo di scrivere e la purezza dei personaggi si avalla dei colori per riproporre temi come l’amicizia, l’amore, la famiglia, il lavoro. Non ci sono doppie lune, pozzi da esplorare, personaggi bislacchi o gatti scomparsi, eppure c’è molto déjà vu, primo fra tutti l’evocazione musicale tanto cara all’autore.
La storia nel suo insieme è molto semplice, Tsukuru viene allontanato dai suoi 4 amici carissimi senza una spiegazione, una lite o una discussione, deve attendere 16 anni per comprendere la motivazione del gesto ma nel frattempo il suo carattere, la sua vita sociale, il suo temperamento sono diventati privi di significato e privi di colore, l’unica certezza che ha è che nella vita vuole costruire stazioni di treni. Riacquistata la consapevolezza di voler conoscere la verità si imbatte in una riscoperta del suo essere finora ignota e poco esplorata, poco alla volta la sua vita si tinge di colori, è finito il tempo di sostare nella sala d’attesa di un’anonima stazione ferroviaria, così come è finito l’incubo ricorrente che lo attanaglia tutte le notti. Più verità vengono a galla, più Tsukuru comincia ad amare la vita e allontanare da se il senso di estraneità, più profonde sono le ferite, più i cuori delle persone vengono unite intimamente. Più si scava nel buio profondo incolore dell’oblio più viene fuori un barlume di calore e di colori.
Leggere l’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio è come planare su uno sterminato cielo azzurro senza paura di cadere, un volo in incognito verso spazi indefiniti e con la voglia di continuare a volare all’infinito, poi sul più bello folate di vento ti fanno rallentare la corsa e cerchi l’atterraggio più morbido. Un viaggio intimo che non manca di riflessioni, di amore per il Giappone ordinato e caotico, dove la solitudine alberga con prepotenza e aliti di mistero e reati insoluti fanno da cornice restituendo uno splendido scenario di situazioni che accarezzano l’anima del lettore incapace di svincolarsi dal suo abbraccio onirico e non importa dove andrà a parare. Il finale è un poco affrettato, lascia margini di incertezze che si intrecciano con vacue pennellate di incoraggianti stimoli rassicuranti.
Ma stiamo parlando di Murakami e l’ultima parola spetta al cuore di chi si è lasciato imprigionare dalla sua trappola senza ancora di salvataggio.
Un libro che si legge in un fiato e che rimane dentro a lungo, ma non è il suo capolavoro.
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Commenti
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Dell'autore ho letto un solo libro, "Kafka sulla spiaggia". Si tratta di uno scrittore indubbiamente originale.
@Anna Maria grazie, ti ho risposto nei tuo commenti :))
@Robbie
a caldo ti rispondo: Norwegian wood -L'uccello che girava le viti del mondo
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