Dettagli Recensione
Canada
Non si può dire che l’ultimo romanzo dello scrittore di Jackson, Mississippi, prenda il lettore per la collottola e lo trascini fra le sue pagine. Innanzitutto perché è costruito come l’unione di due lunghi racconti, tenuti insieme dal protagonista e da una assai più breve sezione finale. Poi a causa del ritmo lentissimo utilizzato dall’autore, che si lascia andare a dilungate descrizioni dei fatti, delle ambientazioni e, in maggior misura, degli stati d’animo: a ben vedere nel libro succede ben poco, anche se ci sono una rapina e due morti ammazzati (il tutto, peraltro, già anticipato nel primo capoverso), perché sono l’analisi e l’introspezione a prevalere di gran lunga sull’azione. Eppure, specie su chi non va di fretta, questa sorta di noir al rallentatore finisce per esercitare una sorta di fascino magnetico che scaturisce dalla voce affascinante che lo scrittore riesce a dare al suo personaggio – e il merito va attribuito anche al traduttore Vincenzo Mantovani – che riesce a coinvolgere anche narrando i minimi spostamenti di prospettiva. A tenere insieme il tutto, c’è la storia di formazione della voce narrante Dell, quindicenne figlio di una coppia piccolo borghese (padre in aeronautica, madre insegnante) che, assieme alla gemella Berner, si trova la vita stravolta dalla sgangherata rapina in banca architettata dai genitori per porre rimedio a un debito. Il percorso che porta i Parsons a diventare delinquenti per caso è raccontato nella prima parte del libro partendo dalla nascita di questa famiglia senza radici, in balia com’è degli spostamenti da una base aerea all’altra: è inevitabile che Dell cresca chiuso e solitario, ma, comunque, la semplice routine familiare procede fino a che non giunge il fulmine a ciel sereno: quando l’irreparabile accade, i due fratelli salutano per sempre i genitori e sono destinati a perdersi di vista. Il destino di Dell è un’anonima cittadina nelle praterie del Canada, dove un suo misterioso compatriota decide di occuparsi di lui. Arthur Remlinger è affascinante, ma nasconde un cuore nero: prima di arrivare a scoprirlo, Dell è costretto a vivere in una sorta di città fantasma (i desolati paesaggi di Partreau restano indelebili nella memoria) e a lavorare insieme a un inquietante métis. In tutto questo il protagonista finisce inevitabilmente per crescere imparando che è necessario essere capaci di accettare a ciò che la vita offre, anche perché anche la situazione più banale può nascondere una svolta improvvisa ed inattesa: nella maggior parte dei casi, non è colpa di nessuno se le cose vanno in un modo invece di un altro. A tirare le fila in questa luce serve allora la terza parte, in cui i due fratelli, ormai anziani, finiscono per reincontrarsi per un’ultima, dolente volta: si tratta però delle pagine di gran lunga meno interessanti, ammalate come sono di una certa ripetitività. Ben diversa è la capacità di Ford nell’immedesimarsi in un adolescente del 1960 (forse anche perché autore e pesonaggio sono in pratica coetanei) e sviluppare una storia che ha tra i suoi punti di forza il suo procedere con estrema lentezza e che, se cala un po’ nella seconda parte, riesce a trovare un equilibrio davvero mirabile nella prima (poi, ovviamente, se uno fatica a sopportare che ci vogliano duecento pagine perché accada ciò che è stato preannunciato nella prima riga è meglio che si rivolga altrove).
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