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Stoner di John Williams
Personaggio emblematico d’un tipo di intellettuale introverso, in conflitto col mondo che lo circonda, Stoner, il protagonista dell’omonimo romanzo di John Williams, diventa l’antieroe di un’epoca sempre più drammaticamente protesa alla esaltazione dell’ego e alla sopraffazione del prossimo.
Di origini contadine, dopo gli studi superiori, Stoner approda all’Università di Columbia, per frequentare inizialmente la facoltà di Agraria, che abbandonerà ben presto per dedicarsi allo studio della Letteratura Inglese. Già dalle prime pagine del romanzo la figura di questo personaggio si delinea come mite e riflessivo, pronto però ad affermare la sua volontà nella scelta degli studi. Sarà questo, tuttavia, il solo ambito in cui, nel corso degli anni, riuscirà a far rispettare le sue decisioni.
Divenuto un discreto insegnante, incontra e si innamora di una giovane donna di buona famiglia, Edith, che accetta di sposarlo, pur non amandolo. Il matrimonio si rivela subito un fallimento e nulla può neanche la nascita della figlia Grace, che, trascurata dalla madre, si lega profondamente al padre.
Stoner sembra assistere inerme al disfacimento del proprio matrimonio, alla prevaricazione di Edith su Grace, alla trasformazione della figlia da bambina dolce e affettuosa in donna apatica e apparentemente insensibile. Ciò che Stoner vede intorno a sé non è che desolazione e distruzione. La sua vita a cavallo delle due guerre più sanguinose del ventesimo secolo, si trascina tra delusioni e perdite. La sua scelta di non partecipare alla prima guerra mondiale lo allontana in parte dai suoi due amici, di cui uno, Dave, morirà pochi giorni dopo essersi arruolato. Dunque questa è forse la caratteristica principale di Stoner: scegliere di non scegliere. E così sarà anche nel suo rapporto con Katherine Driscoll, il suo vero grande amore, che abbandonerà, perché non forte abbastanza per lottare in condizioni di vita diverse e meno agevoli. E se il lettore a volte non capisce le ragioni di tanta inerzia, la rassegnazione a volte colpevole di Stoner, c’è da chiedersi se in fondo egli non sia un personaggio emblematico considerato il periodo storico in cui vive, quando gran parte del mondo era stato inspiegabilmente messo in ginocchio dall’arroganza, la prepotenza e la violenza. Ci sono esseri la cui mitezza sembrerebbe inspiegabile, a volte persino irritante, ma che tuttavia nascondono in sé una forza insuperabile che è quella della rassegnazione. Perché alcuni scelgono una lotta più difficile, tutta interiore. L’unico momento in cui Stoner riesce a palesare il suo disaccordo e a lottare per le sue scelte, sarà nel suo ripetuto scontro con Lomax, che, con Edith, rappresenta il lato oscuro del mondo che lo circonda.
Il romanzo sembra non trasmettere alcun messaggio positivo, eppure io credo che sia nascosto proprio nelle ultime righe del testo il vero profondo significato dell’opera. “Aprì il libro, e mentre lo faceva, il libro smise di essere il suo.” Ecco Stoner sfoglia il libro che lui stesso ha scritto e in quegli estremi sublimi momenti, capisce che la sua opera qualunque sia il suo valore non appartiene più solo a lui, ma appartiene al mondo intero. Perché è questa la funzione dell’artista.
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Profonda e piacevole come sempre, AnnaM. :-)
Bruno
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