Dettagli Recensione
Apoteosi del niente
Un gruppo di ragazzini attraverso un gioco surreale e sempre più efferato cerca di dar senso alla propria esistenza, o meglio, dimostrare a un loro coetaneo autoesiliatosi su un albero che la vita vale la pena di essere vissuta appieno, che tutto ha un senso profondo nell'ottica di un mondo sicuramente crudele, ma dal quale si possono prendere le distanze.
A impressionare è il punto di vista scelto, ovvero quello infantile, in teoria non ancora intaccato da amarezze sfocianti nel cinismo e nell'insoddisfazione.
Da questi sentimenti tipicamente disillusi e adulti la Teller costruisce con stile asciutto ed amaro una perdita dell'innocenza che rimanda ad un'età matura, in cui la ferocia e il sopruso regnano incontrastate.
Un parallelismo generazionale coraggioso e discutibile quanto si vuole, ma efficace nel far collimare atteggiamenti ormai ascrivibili ad una società corrotta, matrigna di bimbi generati da quel malessere, pronti ad accogliere il seme del male scadendo nell'immoralità e nella crudeltà gratuita.
Un ottimo romanzo, tra l'altro oggetto di numerose critiche all'epoca dell'uscita soprattutto in Francia e Spagna. Tuttavia la violenza è più psicologica che altro, anche se i passaggi "forti" non mancano.
“Non c‘è niente che abbia un senso” disse. “È tanto tempo che lo so. Perciò non vale la pena fare niente. Lo vedo solo adesso”.
“Si va a scuola per trovare un lavoro, e si lavora per potersi riposare. Perché non riposarsi fin dall’inizio allora?”