Dettagli Recensione
LO SPENDORE DELL'UMILTA'
Mille splendide pagine e un solo neo: sono appena quattrocento. La storia di due donne, Mariam e Laila, lacerate dalla guerra, nell’anima più che nel corpo. La possibilità di guardare da vicino gli orrori di una guerra che non conosciamo – quella dell’Afganistan – ma in fondo una guerra come tutte le altre animata da odio, rancori, rabbia, egoismo dove mani e braccia e gambe vengono ritrovate su un tetto o su un albero dopo giorni dal funerale. Una guerra nella guerra la vita delle due protagoniste che si ritrovano, ognuna in modo diverso, in un vortice di sofferenze senza fine che le porteranno a veder morire le persone care, o crederle morte. Vittime di scelte che il destino proietta sulla loro strada, superanno a fatica l’astio tra loro dovuto alla condizione di essere mogli dello stesso marito per veder nascere un legame profondo che le unirà al punto di sentirsi madre e figlia. Mariam, la madre che Laila ha sempre desiderato e Laila, la figlia che Mariam non ha mai avuto. Il loro sarà un legame che niente riuscirà a distruggere: né la violenza cieca, convulsa dell’uomo che condividono loro malgrado, né la guerra con i suoi strascichi di sacrifici, privazioni, sofferenza, morte. Oltre la morte resteranno unite nei segreti che avranno condiviso, nella paura nascosta dietro le loro scelte.
Due figure di donne magistralmente descritte dalla penna dell’autore con particolari che emergono sempre più prorompenti lungo il corso della narrazione rapida, ricca di pathos e colpi di scena che a tratti rallenta per dipingere con il pennello dell’immaginazione la desolazione della kolba dove Mariam ha vissuto da bambina, il deserto che la guerra lascia sulla terra inerme, la prigione affollata di donne e bambini.
Una mano esperta, quella di Hosseini, nelle descrizioni dei personaggi, dei luoghi e degli eventi della guerra intercalate all’interno della narrazione senza mai essere di peso, talvolta emergendo dai dialoghi, talvolta come rapidi flashback. Un autore che dice tanto scrivendo poco perché lascia i ciottoli sulla strada della sua storia che il lettore raccoglie uno alla volta chinandosi per riflettere o per nascondere le lacrime. Perché è questo il vortice in cui il lettore è risucchiato dallo stile incalzante, pieno di “buchi” che non restano mai irrisolti, dove ogni personaggio, anche il meno coinvolto nella trama, trova il suo meritato posto. Così si finisce con il diventare tutt’uno con le protagoniste, in particolare Mariam che è il fulcro centrale della storia, l’alfa e l’omega della narrazione, il personaggio che si finisce con l’amare di più per l’empatia che si stabilisce con lei, con le sue sofferenze, con il suo destino crudele – il destino delle donne dell’Afganstan e non solo – per la sua mitezza, la sottomissione incondizionata che si trasforma in aggressività incontrollata quando viene minato l’unico affetto che abbia mai avuto nella vita, Laila, e tira fuori le unghie affilate di una madre che difende i suoi cuccioli. E la difenderà fino alla fine, senza pretendere nulla in cambio. Pur non avendo figli, la proteggerà con le sue scelte, con il suo sacrificio, come solo la forza di una madre può fare. E nel momento più difficile, quando la morte busserà alla sua porta, la dolce Mariam sarà accompagnata dalla consolazione di aver avuto anche lei diritto ad un pizzico di felicità, anche se pagata a caro prezzo.
Ho apprezzato, oltre tutto il resto, la conclusione del romanzo che lascia trasparire la fondatezza delle speranze che emergono dall’animo umano nonostante tutto, nonostante la guerra. Perché c’è desolazione e tristezza in ogni vita, ma la voglia di ricostruire non deve mai perdersi. E nemmeno deve perdersi il valore dei rapporti umani che possono essere la linfa della vita anche quando non c’è un legame di sangue, senza lasciarsi annegare nei rancori oppure si perderà l’occasione di perdonare e farsi perdonare e non si leggeranno mai quelle lettere commoventi che restano chiuse in una scatola di latta come quella che il padre lascia a Mariam e che lei non potrà mai conoscere.