Dettagli Recensione
“Lei era imperdonabile”
“Ogni persona è, tra le altre cose, un oggetto facile da rompere e difficile da riparare”.
Questa storia, romanzo nel romanzo, è innanzitutto il resoconto dettagliato e struggente di due vite distrutte, di un amore spezzato, resoconto redatto da una mano colpevole in un maldestro e forse inutile tentativo di riparazione:
“Lei era imperdonabile”.
Lei è Briony, tredicenne aspirante scrittrice che dirà addio al mondo incantato dell'infanzia nel modo peggiore.
Il velo di apparente leggerezza che caratterizza le prime pagine si dirada sempre più fino a mettere impietosamente in luce la meschinità umana in tutte le sue forme.
Il punto di vista di Briony e di altri personaggi, tratteggiati con notevole capacità analitica, permette di cogliere la realtà sotto varie sfumature, determinando nella loro sommatoria un quadro completo dei fatti oggettivi.
E' un luminoso mattino d'estate del 1935 nella quiete della campagna inglese, una giornata particolarmente calda in cui tutti perderanno, in qualche modo, la loro innocenza.
La sua luce bianca e pura resterà impressa nella memoria di qualcuno come l'ultimo giorno di felicità e il primo di un'inesorabile discesa agli inferi.
Il tocco originale dello stile sta nelle immagini simboliche inserite a tratti nella narrazione, che danno la misura di ciò che accade con un sapiente effetto rallentato dal sapore quasi onirico.
Il lettore si ritrova così a guardare un “gigante” che emerge dalla nebbia per accorgersi, poche righe dopo, che si tratta solo di un'illusione ottica: il gigante in questione è un giovane innamorato e pieno di speranze per l'avvenire, che tiene sulle spalle un bambino e sta per essere accusato ingiustamente di un crimine infamante.
E' Robbie, che ha da poco scoperto di amare Cecilia e di esserne riamato.
L'atrocità della guerra aggiungerà orrore al triste spettacolo della verità dilaniata, appesa esangue ad un albero proprio come il corpo di un piccolo innocente fatto a pezzi da una bomba.
Dopo aver letto alcuni passaggi che pulsano di vita reale ed emozionano come versi poetici in prosa si perdona facilmente allo scrittore una certa tendenza alla prolissità, e si perdona l'inganno che verso la fine viene tessuto ad arte, amplificando sensazioni penose che si credevano ormai superate.
Ma è un inganno compiuto in nome di un ideale elevato, in nome del potere che ha la letteratura di realizzare ciò che nella vita è rimasto incompiuto, immortalandolo, mentre lo scrittore sulla carta stampata si sostituisce a Dio.
Del resto, non è facile per un colpevole affrontare le conseguenze funeste di un misfatto e riportare la realtà nuda e cruda: cosa resta se viene meno anche la dolce illusione di un lieto fine?
Restano brevi ritagli sottratti al destino, pochi preziosi minuti di intimità e frasi da rievocare nei momenti più duri: “Tu sei il mio amore, la mia ragione per vivere”.
Resta la corrispondenza di due giovani amanti infelici, il loro sogno cristallizzato:
“Ti aspetterò. Torna da me”.
Indicazioni utili
Commenti
11 risultati - visualizzati 1 - 10 | 1 2 |
Ordina
|
@Bruno: io pensavo invece a Flaubert: «L'autore nel suo libro deve essere come Dio nel suo universo, dovunque presente e in nessun luogo visibile» :-)
@Emilio: la parte sulla guerra a me non è sembrata artificiosa, forse perché non mi intendo di vita militare. Ho trovato anzi molto toccanti i pensieri di Robbie. Grazie anche a te dell'apprezzamento.
11 risultati - visualizzati 1 - 10 | 1 2 |