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Una maschera a nudo
“Confessioni di una maschera” è opera pervasa da disperata solitudine e ripercorre l’affiorare e l’affermarsi di una tendenza sessuale vissuta in modo colpevole rispetto alle convenzioni. Yukio Mishima scatta una spietata radiografia, analizza le manifestazioni di un modo di essere e ne scompone la reazione istintiva: la negazione, il camuffamento. Il narratore è Kochan: testo autobiografico? Probabilmente sì…
Infanzia
L’attrazione per l’ambiguità (“Si chiamava Giovanna d’Arco. La storia racconta che andò in guerra indossando abiti maschili…”) pervade ricordi d’infanzia impregnati di aromi (“L’odore di sudaticcio dei soldati – quell’odore simile a una brezza di mare, simile all’aria, avvampante d’oro, che sovrasta la spiaggia…”) e premonizioni intellettuali (“Fino alla fanciullezza le mie idee in merito all’esistenza umana non si sono allontanate una sola volta dalla teoria agostiniana della predestinazione”), si manifesta nei giochi (“La mia passione dei travestimenti si acuì…”) e già si tinge di tonalità sinistre (“D’altro canto, me la godevo a immaginarmi delle situazioni in cui io stesso morivo in battaglia oppure ero trucidato”). Siamo nella prima fase della mascherata: “Quanto il prossimo considerava una posa da parte mia era invece una manifestazione della necessità di affermare la mia natura genuina, mentre era per l’appunto una mascherata quello che il prossimo considerava il mio io genuino”.
Adolescenza
La scoperta di pulsioni sessuali ritenute anomale è motivo di disagio (“Il giocattolo rizzava inoltre la testa verso la morte e le pozze di sangue e le carni nerborute”) ed è stimolata (“Era una riproduzione del San Sebastiano di Guido Reni”) da impulsi soprattutto estetici (“Il corpo del giovane – lo si potrebbe perfino paragonare a quello di Antinoo, il favorito di Adriano…”). Ben presto i sensi sono attratti da Omi, il più virile e rudimentale dei compagni (“la selvaggia malinconia insita nella carne affatto incontaminata dall’intelletto”), preferibilmente durante il gioco e gli esercizi ginnici (“Doveva trattarsi di una vertigine mentale, di un’irrequietezza in cui il mio intimo equilibrio rischiava di essere distrutto dalla vista di ciascun movimento pericoloso di Omi”). L’esperienza (auto)erotica vive episodi inconsueti... come quello con il mare…
Scocca il momento dell’accettazione della mascherata: “Quand’anche dovesse essere una mascherata pura e semplice e niente affatto la mia vita, era venuto ugualmente il momento in cui bisognava ch’io mi mettessi in cammino, che trascinassi avanti i miei torpidi piedi.”
Gioventù
La gioventù è scandita dalla frequentazione di una ragazza, Sonoko. Ma è sempre un’esperienza molto cerebrale (“Non facevo altro che spingermi a deambulare in circoli perpetui d’introspezione”), tormentata (“Quali sentimenti proverei se fossi un altro ragazzo… una persona normale?”) e vissuta nel ripiegamento sulla “brutta abitudine” (“sfavilli di solitudine depravata”). Anche il primo bacio è vissuto in modo innaturale: “L’importante per me stava nel fatto ch’ero diventato un uomo che conosce i baci”.
Kochan rifiuta il matrimonio con Sonoko e comunica la sua decisione per posta, in modo burocratico (“Provai un certo conforto nel vedere la mia infelicità maneggiata in modo così efficiente e sbrigativo”). L’esperienza fallimentare in un bordello è una prova definitiva. Intanto le domande si susseguono come le onde nel mare.
“E’ forse ammissibile un amore che non abbia alcun fondamento nel desiderio dei sensi?”
“Ammesso che la passione umana abbia la virtù d’innalzarsi al di sopra di ogni assurdo, come si può sostenere che non abbia anche quella di innalzarsi al di sopra dei propri assurdi?”
La mascherata diviene coessenziale (“A lungo andare la recita è diventata una parte integrante della mia natura”), cosciente (“Sto diventando una di quelle persone incapaci di credere a nulla che non sia contraffatto”) e tragicamente intrisa del senso della morte (“Era nella morte che avevo scoperto l’autentico scopo della mia vita”) storicamente incombente (“Poteva essere un presentimento della bomba atomica che non doveva tardare a scoppiare?”).
Bruno Elpis
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Commenti
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Pronti via per... "Abito da sera", ma mi sto procurando anche gli altri... :-)
Io credo mi leggero' LA DIMORA DELLE BAMBOLE prossimamente. Devo controllare se c'e' la scheda.
Au revoir :-)
Un caro pensiero e complimenti..... ti stai "C.U.B."izzando !!!!!!!!!!
Riuscirete prima o poi a convertire anche me al mondo del Giappone ????
@ Cristina: l'opera è del 1949... forse, per quell'epoca anche il tema è originale. Ma forse no... bello definire sontuoso lo stile!!! :-)
@Marika: Sì, è la mia fase CUB-ista! Io che mi credevo occidente-oriented... attenta tu, sei ancora in tempo...
ma ci cascherai!!! :-)
@ Cub: credo proprio che mi gustero' meglio la tua critica alla dimora delle bambole. :-)
Grazie a tutti!
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Questo titolo ce l'ho ( ormai ho praticamente tutto a parte le opere teatrali che a breve andro' a scovare ) ma non l'ho ancora letto. Che voglia di un Mishima, a breve me ne leggo uno anche io .
Il tuo prossimo ?