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Crescere fra i suoni di un'arpa a New York
"La verità è sovente molto dolorosa, ma è l'unica cosa che possa salvarci" (un personaggio).
Sicuramente uno dei romanzi americani più belli (come altri dell'autore) di questi ultimi decenni ; scritto da C. Potok, ebreo di profonda cultura ed umana sensibilità.
Egli non è uno 'sradicato', né è preso nel vortice del materialismo consumista o travolto dalla caduta dei valori. Ha, invece, alle spalle una tradizione millenaria trasferita, dall'Europa dei ghetti e dei pogrom, nel Nuovo Continente, ove rivive in nuove comunità ricostituite.
In lui troviamo, sì, un acuto osservatore della realtà, ma senza il nichilismo e la disperata freddezza che caratterizzano alcuni narratori statunitensi d'oggi.
"L'arpa di Davita", ambientato a New York negli anni '30-40 del '900, benché intriso di dolore e apprensione, è un romanzo denso di stimoli, palpitante nella ricerca di autenticità; come tutte le opere di Potok, quasi terapeutico, nel senso che aiuta a riconciliarsi con la vita.
Avendo io conoscenze piuttosto sommarie della cultura ebraica, sicuramente non ho colto alcuni dettagli su significati reconditi, ma la profondità e la complessità, con cui personaggi e vicende sono rappresentati, e la pacata bellezza della scrittura, mi hanno reso la fruizione affascinante e molto gradevole.
Il romanzo inizia un po' in sordina e tende via via a lievitare e divenire sempre più coinvolgente.
C'è una famiglia: marito giornalista di origine cristiana; moglie di famiglia ebraica; entrambi, per scioccanti vicende in cui vita personale e storia dolorosamente colludono, aderiscono totalmente all'ideologia marxista, un po' come si entra in una setta.
La figlia Davita cresce in quest'ambiente di lunghe riunioni serali ed improvvisi cambi di residenza (non era facile, all'epoca, essere comunisti negli USA) ; gli oggetti che ama sono un quadro con cavalli in corsa e un'arpa eolia, capaci di accendere la sua fantasia.
L'Europa è in tumulto, il diffondersi di sistemi autoritari 'fascisti' allarmano: il padre andrà in Spagna come inviato di guerra durante i violentissimi scontri che porteranno alla dittatura di Franco.
Da un amico di famiglia giungono a Davita toccanti dettagli del bombardamento scatenato su Guernica; quasi altrettanto sconvolgenti le notizie sulle faide interne alla Sinistra, che hanno insanguinato in particolare Barcellona. Un altro avvenimento che darà una svolta alle vicende sarà il Patto tedesco-sovietico.
E c'è sempre la comunità ebraica, ora come sfondo, ora in primo piano, con le sue luci e le sue ombre.
Quest'opera è anche (forse, soprattutto) un romanzo di formazione: la giovane protagonista (e voce narrante), fra le tortuose complessità della vita e con l'incontro con altri personaggi (qualcuno indimenticabile), approderà ad una promettente adolescenza.
La parte finale, orientata in senso quasi femminista (considerati periodo e ambiente), fa intravedere un'ulteriore svolta per Davita, le cui vicende idealmente proseguono in un altro libro ("Vecchi a mezzanotte"), nella cui ultima parte, in lei ormai affermata scrittrice sessantenne, non stenteremo a rintracciare peculiarità di carattere già presenti in questa preadolescente di molto talento.
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Commenti
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Grazie, Pia.
E' morto alcuni anni fa, dopo lunga malattia. Ciò, forse, non gli ha permesso di effettuare i soliti tour pubblicitari in giro per il mondo e, magari, di ottenere il Premio Nobel.
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