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Yoshe Kalb di I.J.Singer
Yoshe Kalb di I.J.Singer, pubblicato a puntate in yiddish sul “Jewish Daily Forward” di New York di cui l’autore era corrispondente da Varsavia, ebbe subito un grande successo. Divenne in seguito un’opera teatrale e un romanzo in lingua inglese dal titolo The sinner. Le vicende narrate furono ispirate da fatti realmente accaduti, rielaborati in chiave romanzesca e i personaggi sono esponenti della comunità ebraica dei chassidi, residenti nella Galizia, quella regione che nel periodo storico appena precedente alla prima guerra mondiale era parte dell’impero austroungarico.
La prima parte del romanzo si concentra sul personaggio del Rabbi Melech, sul suo desiderio di contrarre nuove nozze con una giovane adolescente, pur essendo rimasto vedovo già tre volte. Non potendo tuttavia sposarsi prima che la figlia più giovane non abbia ella stessa preso marito, il Rabbi organizza le nozze della figlia Serele con il giovanissimo Nahum, e quindi, incurante dell’opinione che vuole di pessimo auspicio un nuovo sposalizio dopo tre spose defunte, si unisce in matrimonio con Malka.
In queste pagine colpisce la sudditanza della figura femminile, priva di qualsiasi libertà di scelta e di autonomia di giudizio. Serele, che pure nutre un sentimento d’amore per il giovane marito, Nahum, delicato intellettuale dedito allo studio della Qabbalah e della Legge, si vede respinta e tace con remissività subendo umiliazioni continue. Malka, oggetto del desiderio del lascivo Rabbi, si innamora perdutamente di Nahum, da lui ricambiata, e cerca di sfuggire alla sua sorte. Il peccaminoso rapporto consumato dai due amanti sarà la causa delle successive disgrazie. Morta Malka, nel vano tentativo di dare alla luce un figlio, Nahum si allontana di notte e iniziano così le sue peregrinazioni.
Il vagabondare di Nahum, la sua perdita di identità, il suo perseverante studio dei salmi, fanno di lui un uomo apparentemente diverso. Giunge e si radica in una comunità che lo considera un “minus habens” e lo chiama Yoshe il tonto. Questa stessa comunità lo costringerà a sposare la figlia ritardata dello scaccino. Questo sarà l’evento che lo indurrà a fare ritorno al paese da cui era partito e a sottomettersi dunque a un duro processo.
Al di là della trama, a tratti avventurosa, il pregio del romanzo sta, a mio avviso, nell’atteggiamento critico dell’autore nei confronti di ogni integralismo. Non si può fare a meno di notare infatti la sottile ironia con cui l’autore descrive sia le rigorose abitudini della comunità chassidim nel vestire, nel curare i cernecchi, nell’obbligare le spose a rasarsi il capo, sia l’esasperato rispetto della Legge, interpretata peraltro spesso in modo arbitrario.
Questo sembra essere il messaggio più forte: ogni religione, sia essa cristiana, islamica o ebraica, se interpretata secondo un rigore esasperato, se sfocia in un integralismo che cancella ogni elasticità di pensiero, può degenerare nella violenza più assurda. E Singer descrive con tratti estremamente realistici il tentativo di linciaggio della giovane Zivyah.
La figura di Nahum/Yosha è esemplare nel suo rifiuto di dichiarare la sua identità. Egli è Nahum e Yosha, ma nello stesso tempo non lo è. Alla domanda :”Chi sei?” egli risponde: “Non lo so.”
La sua meditata e voluta perdita di identità sarà il motivo fondamentale che lo spingerà ancora una volta, ebreo errante, ad allontanarsi in cerca d’una patria che lo accolga, una patria a dimensione d’uomo dove la Legge sia una guida e non una minaccia.
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