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Il principe del cielo: palinodia in progress
Si inizia a leggere " il prigioniero del cielo" convinti di "avere a che fare" con il capitolo finale della trilogia, per poi rendersi conto solo all'ultima pagina, che: "... la storia non è finita, ...ma è appena iniziata".
Per chi ha letto tutto d'un fiato "L'ombra del vento", attraverso un ritmo calzante, una totale padronanza del genere gotico, che è solo un aspetto della miscellanea di generi letterari che Zafòn sapientemente destreggia ( dalla fantascienza, al romanzo dell'orrore al thriller psicologico, al romanzo pseudo-storico), e ha continuato l'impaziente lettura nel " gioco dell'angelo", in cui si ravvisa, con qualche punta di delusione, una forzatura narrativa ed espedienti letterari che ricordano i romanzi precedenti come: " Marina" o " il palazzo della mezzanotte", quasi un omaggio metaletterario alla sua produzione letteraria giovanile, giunge al libro - per ora- finale, con tante attese e speranze di veder finalmente svelati tutti i misteri che vedono coinvolti e in cui sono coinvolti tutti colori che hanno a che fare con " il cimitero dei libri dimenticati".
E' come se vi fosse qualcosa di sadico in suddetto cimitero che nasconde, il più delle volte. enigmi o misteri poco edificanti per chi si avvicina.
Tutto ciò che è effettivamente "dimenticato", viene riportato immediatamente alla luce, con tutto il suo seguito di misteri loschi e perversi, da chi si accinge a porre le mani nell'universo della letteratura dell'oblio.
Il compito non è più custodire il libro, ma risolvere l'enigma che il libro nasconde.
Tutto ciò viene affrontato da Zafòn con l'acribia e la perizia che apparteneva solo ad Arthur Conan Doyle o più di recente a Fred Vargas , Petros Markaris, Pierre Magnan, Timothy Williams....
Nell'ultimo libro tuttavia, si ravvisa non solo un'incoerenza nelle versioni ( Nel gioco dell'angelo David Martin viene a conoscenza della morte di Isabella da una lettera ricevuta 15 anni dopo "..dalla notte in cui fuggì per sempre dalla città dei maledetti...",in cui Sampere figlio fa una rassegna veloce di quanto accaduto dal momento della sua scomparsa. In quel momento, David Martin si sarebbe dovuto trovare in prigione, con Isabella che lotta con Mauricio Valls per la sua scarcerazione e non " in un vecchio capanno sulla spiaggia"....
A meno che David Martin non si trovi effettivamente in prigione e non sia succube delle sue visioni "schizofreniche" ( supposizione affermata anche dal "medico" Romàn Sanahuja....) che lo porti ad immaginare di trovarsi altrove...Cosa piuttosto strana visto che Isabella afferma che suo marito non è a conoscenza del suo operato ed invece la lettera che David Martin riceve è scritta proprio da Sampere figlio....).
Diverse incongruenze, quindi, che non intaccano con la prosa veloce e scorrevole.
Forse qualche forzatura nel raggiungere celermente il finale che mette in eclissi alcune vicende importanti ( come il caso di Mauricio Valls..), che probabilmente sarà trattato in maniera maggiormente esaustiva nel IV libro.
Una scelta Ad Hoc quindi, quella di trattare superficialmente dell'episodio che richiede maggior tempo narrativo.
Particolare encomio invece va fatto a Fermìn Romero de Torres, che con il suo carattere iperbolicamente esuberante e comico, le sue battute pronte e sapienti, e il suo fare paterno e ponderato, riesce ancora una volta, a strappare sorrisi ed ilarità anche nei momenti più "patetici " o "elegiaci" dell'opera.
Lo scaltro e sapiente uso del linguaggio e del motto di spirito, ne fanno un moderno eroe boccacciano, uno "spurcissimus dyoneus" o un personaggio quasi strappato, anacronisticamente, alla VI giornata del Decamerone.
Tutto sommato, anche il "principe del cielo" si presenta come una palinodia affascinante e ricca di risvolti, che tuttavia, ci si augura saranno definitivamente spiegati, nel capitolo finale della tétralogie...