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A un cerbiatto somiglia il mio amore
Un grande romanzo d’amore, in cui l’amore è il vero protagonista, nelle sue molteplici espressioni. Significativa è la scelta del titolo da parte dell’autore: un versetto tratto dal Cantico dei Cantici, considerato da molti un inno all’amore di Dio per il popolo di Israele, che qui assume un’ ulteriore valenza nel riferimento al nome di uno dei personaggi del romanzo, Ofer, che in ebraico vuol dire “cerbiatto”.
Al centro di questa storia è certamente Orah, una donna sensibile, forte e fragile al tempo stesso, legata da un amore profondo a quelli che erano stati gli amici della sua adolescenza, un amore conflittuale e diverso, ma non meno intenso nello scorrere del tempo. Sin dall’inizio del racconto, l’accenno al doloroso episodio della vita di Orah giovanissima, che soffre per la perdita dell’amica più cara, Ada, anticipa quello che sarà il leitmotiv del romanzo, l’amore e la perdita, la gioia e la sofferenza in un’alternanza inevitabile.
Il legame profondo che unisce Orah a Avram e a Ilan genera nei tre sentimenti spesso discordanti e suscita sensi di colpa che investono la sfera dell’amicizia, della lealtà e della solidarietà. Ogni personaggio è visto nella sua umanità, senza condanne né giudizi. È Orah tuttavia a subire più di ogni altro l’abbandono. Sarà lei a cercare rifugio alternativamente nelle braccia di Ilan e di Avram. L’amicizia è ora elemento di unione ora di separazione. E l’amore di Orah altrettanto intenso per i suoi figli riesce a moltiplicarsi e dividersi, in un continuo divenire, senza mai impoverirsi. Sullo sfondo, ma con una presenza quasi ingombrante, la guerra che devasta i territori israeliani e palestinesi, le atrocità subite da Avram, la ricerca d’una patria che ancora non si sente di possedere: la stessa guerra che coinvolge Ofer e allontana Orah dalla sua casa inducendola a vagare con Avram senza meta, col solo fine di allontanare il pericolo d’una notizia luttuosa che potrebbe raggiungerla tra le mura domestiche. La casa dunque non è più il rifugio sicuro, è il luogo che non può e non deve essere testimone di tanto dolore. E il viaggio intrapreso da Orah sarà il mezzo per conoscere meglio se stessa e permettere ad Avram di vivere quella parte di vita a cui aveva rinunciato. Orah cercherà il contatto con la natura, un contatto fisico che possa permetterle di farla sentire ancora viva e di abbandonarsi all’istintiva ricerca di protezione nell’abbraccio di Avram.
Il doloroso viaggio di Orah sarà anche un modo per prendere coscienza di quei sentimenti laceranti che prova verso un nemico che assume talvolta le sembianze di Sami, il palestinese legato alla famiglia da devozione e affetto, ma il cui orgoglio lo porta a respingerla nel momento in cui deve condurre Ofer a combattere contro il suo popolo. I sentimenti di ribrezzo e orrore per una guerra interminabile che non permette tregua condanneranno Orah a esprimere giudizi severi persino sul suo amato Ofer, che non riesce ad accettare nelle vesti di soldato al fronte.
“..Il leopardo e il capretto che si sdraiano insieme e staremo a vedere cosa succede…..Forse quel particolare leopardo e quel particolare capretto riusciranno…a elevarsi, a redimersi?...”
Grossman ha il dono indiscutibile di esprimere sentimenti profondi a cui riesce a dare sostanza e vita attraverso la parola: il dolore, come l’amore, si materializza, diviene palpabile. Un’opera questa che sembra racchiudere in sé tutto il dramma umano, dalla nascita alla morte, in una perenne ricerca della felicità.
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Ciao, Pia.
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