Dettagli Recensione
Andorra
Non conoscevo ancora questo autore anche se tempo fa volevo leggere “Il weekend”; ciò che mi ha convinto a leggere proprio “Andorra” è stata l’ambientazione. Cameron infatti non descrive la vera Andorra, principato situato sui Pirenei al confine tra Francia e Spagna, ma, pur non cambiandone l’ubicazione, ne fa un Paese immaginario sul mare con una capitale La Plata e una specie di città periferica sulle montagne Encampo. Essendo il Paese molto piccolo La Plata non si espande in piano ma su terrazzamenti che fungono da quartieri. L’ambientazione è importantissima in questo romanzo, è per così dire il baricentro dell’intera storia. Il protagonista Alexander Fox, voce narrante, ci arriva da San Francisco con l’intenzione di iniziare una nuova vita dopo un grave lutto; l’incipit (che poi è anche il raggelante finale) ci spiega la sua scelta –“Tanti anni fa lessi un libro ambientato ad Andorra”-. Non c’è nulla che ci dia riferimenti temporali, né aerei né cellulari né telefoni né automobili, ma solo alcuni cenni dai quali si può immaginare un certo periodo.
Scopriamo che La Plata è una città popolata per lo più da stranieri che hanno portato in quella città le loro oscure storie pensando di ricominciare; Alexander Fox è l’ultimo arrivato in questa comunità di espatriati e viene subito in contatto prima con i Dent, una coppia di australiani, poi con i Quay, una delle famiglie più in vista del luogo. Tutti i personaggi però sono educati, molto british ma in qualche modo invadenti con l’intento di aiutare, non hanno un vero spessore psicologico, tutto rimane abbastanza in superficie persino quando entreranno in ballo i sentimenti e lo stesso protagonista attraversa le vicende, i luoghi e le conoscenze senza esserne veramente scalfito.
Ecco che ritorna l’ambientazione, claustrofobica, un luogo chiuso dove tutto accade dove tutti si conoscono. Il senso di disagio, di precarietà, di claustrofobia che ci accompagna per tutta la lettura è ancora più accentuato quando Alexander Fox viene sospettato di due omicidi avvenuti a La Plata e quindi entra in contatto con la polizia; questo punto del romanzo mi ha ricordato molto “Il processo” di Kafka: i lunghi corridoi, gli uffici scuri, gli impiegati inquietanti, l’onnipotenza della legge. Da questo Stato di polizia si cerca la fuga, attraversando a piedi le montagne come nel caso di Mr Dent o via mare come nel caso del protagonista. Sappiamo che c’è qualcosa ma non sappiamo cosa, abbiamo una sensazione di attesa, di ineluttabilità mentre leggiamo e l’autore è bravissimo ad alimentarla fino all’imprevedibile finale.
E finalmente scopriamo il perché di quella sensazione di soffocamento, di quell’ambientazione claustrofobica senza speranza, scopriamo perché non c’è un’unità di tempo cui fare riferimento: bellissimo! Trovo questo autore veramente geniale nella sua semplicità, scrive in maniera meravigliosa, essenziale ma non semplice, piacevole, un po’ come si scriveva nel secolo scorso, tuttavia ha una buona padronanza dello stile molto inglese anche se vive a New York ed è statunitense. E’ stata quindi per me una piacevole scoperta che sicuramente approfondirò al più presto con altri suoi romanzi.