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Nessuno tocchi Caino
E' incredibile come Capote riesca a coinvolgere il lettore nell'abisso di una storia che, dopotutto, altro non è che un fatto di cronaca nera realmente accaduto, del quale il lettore più documentato conosce sin dal principio svolgimento ed epilogo.
La grandezza dell'idea di Capote sta in questo: farci vivere in prima persona tutte le emozioni di una storia che avremmo conosciuto solo per mezzo di trafiletti sui giornali o nella freddezza di una pagina di Wikipedia.
Il lettore, pagina dopo pagina, subisce impotente tutta una serie di sensazioni crude: lo sconforto e la pietà nei confronti della famiglia Clutter, brutalmente assassinata all'interno della propria dimora, il panico che si diffonde nella piccola comunità agricola presso la quale i Clutter vivevano, la frustrazione degli inquirenti che non riescono a trovare il bandolo di una matassa troppo grande per la dimensione in cui sono sempre stati abituati a vivere.
Già questo basterebbe, ma la potenza di questo libro sta altrove.
E' infatti nelle figure dei due assassini, Dick Hickock e Perry Edwards, che il lettore si troverà suo malgrado ad immedesimarsi. In particolare il secondo, Perry, per il quale probabilmente Capote nutriva una forte empatia, è un personaggio talmente coinvolgente che il lettore si ritrova a sperare che la faccia franca sino alla fine, scampando alla forca che lo attende "all'angolo". Ci si ritrova a provare lucidamente una sorta di simpatia per una coppia di sprovveduti, ma pur sempre brutali, assassini, la cui colpa e destino sono ineluttabili, ma nella cui vita, nella quale Capote ci trascina sin dentro ai più minuti dettagli, troveremo le risposte sul perchè, forse inevitabilmente, si è giunti a tale follia.
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