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Sognare e non sognare
Sforzarsi di vivere è fondamentalmente inutile. Lottare, affaticarsi, per tentare di raggiungere grandi obbiettivi è solo fatica sprecata, poichè questi il più delle volte si rivelano comunque non essere alla nostra portata e le altre, una volta conseguiti, quei pochi, si scopre che alla fine, in fondo, non ne è valsa la pena, non ne è valsa la fatica. Molto meglio allora seguire il naturale fluire delle cose, il ritmo della vita, e, pur mantenedo alcuni principi, alcuni valori basilari (quasi a guisa di traccia etica) adeguarsi ad esso, adeguarsi all'incessante, logico, eppure talvolta pazzo roteare della terra e con esso, seguendo le sue note, la sua musica, ballare, ballare e ancora appunto ballare. E così alla fine si scoprirà che più dei grandi sogni sono le piccole cose quelle che contano, quelle che ci fanno andare avanti, quelle piccole soddisfazioni che bilanciano così bene le avversità quotidiane nell'eterno ciclo di una vita comune. In fondo a che serve una Maserati, quando si ha già una piccola Subaru di seconda mano? Trovi anche parcheggio più facilmente e se per sbaglio gli fai un graffietto... Dunque meglio non sforzarsi, meglio vivere sereni, trovare il buono in ogni cosa e se proprio per una volta va male, amen!, ormai quel che è stato e stato e domani, come si suol dire, è un altro giorno. Un giorno in cui svegliarsi, sentire il tepore del sole sul viso, sorridere al canto degli uccellini e danzare vorticosamente.
Ohm... Adesso fate due respiri profondi, lasciate che la negatività fluisca fuori da vostro corpo e andate in pace, la seduta è finita! Danzate figliuoli, danzate sereni... Occhio ai pali della luce però!
Va bene, battute a parte questo è suppergiù il messaggio del libro, un messaggio interessante, magari un po' banale, magari un po' ingenuo e non da tutti condivisibile, ma senza dubbio interessante e la cui attuabilità non è sempre così scontata. Vero è infatti che l'uomo spesso preso dalla frenesia della vita moderna si dimentica di respirare, di osservare e talvolta persino di vivere; se solo per un minuto smettese di pensare a quel che non ha e osservasse cosa ha già!, sembra dirci l'autore.
Ma ahimè come è vera la prima affermazione è altrettanto vero che spesso e volentieri sono proprio gli obiettivi che l'uomo si pone, anche se talvolta irraggiungibili, a farlo vivere, a farlo danzare. E più grande è l'obbiettivo più bella deve essere la danza. E poi se ci accontentassimo già di quel che abbiamo, se ci ritenessimo già perfetti, e dunque non avessimo neppure un' aspirazione, cosa vivremmo a fare? Per bearci del creato? Sai che noia! Dunque ben vengano i problemi, l'ansia e su scala più grande povertà, carestie e guerre? No certo che no, ma... perchè buttare via una Maserati?! Se hai la fortuna di avere un amico che non sa cosa farsene e te la regala, perchè restituirgliela? Non ti ci trovi bene, il tuo amico non la rivuole? Vendila! Sai quante Subaru ti ci compri? Darla via, restituirgliela, non è danzare accontentandosi delle piccole cose, è sputare in faccia alla vita e a chi balla attorno a te! ...Oltre a non capire un tubo di macchine!
Torniamo al libro. In realtà l'autore ha anche ragione, è vero quanto sostiene, ma è vero solo in parte, la verità infatti non è mai agli estremi, ma come dicevano gli antichi è nel mezzo: certo ci sono problemi, ansie, sofferenze, ci sono in ogni vita, e allora cosa?, rinunciamo all'ambizione, grande e piccola che sia, così evitiamo di soffrire? Questo non è il modo per vivere bene, è il modo per rinunciare a vivere. Il giusto è nell'equilibrio e anche nella difficoltà, la difficoltà di riuscire a porsi degli obbiettivi, sforzarsi di raggiungerli e non dimenticarsi di trarre ogni tanto un respiro e, perchè no, di danzare. Questo è il giusto, il vero; è difficile, ma è anche l'unica via, chiunque riuscirà a perseguirla, soffrirà certo, faticherà ovvio, ma gioirà anche e salvo icredibili, fantozziane sfortune, vivrà bene, sereno e in maniera onesta. (Ovviamente questo è un discorso che vale per l'uomo comune che vive nell'ambito di una società civile e mediamente evoluta, ma poichè questo è anche l'ambito del romanzo...)
Detto questo il messaggio del libro rimane interessante e senza dubbio il modo con cui Murakami fa affrontare la vita al protagonista aiuta il lettore a ridimensionare i suoi problemi. E se è vero che, come dicono gli esperti, il massimo risultato ottenibile per un libro è la catarsi del lettore, be in tal caso obiettivo centrato. Peccato che qui si teorizzi l'inutilità delle grandi aspirazioni, ma lasciamo stare, non riapriamo la discussione!
Veniamo invece alla realizzazione, poichè se è verò che a livello di messaggio, morale si sarebbe detto un tempo, Dance dance dance, è senza dubbio un libro quanto meno riuscito, a livello realizzativo ha purtroppo grandissimi difetti. Non parlo dello stile dell'autore, la cui abilità nel essere profondo ed intimo pur mantenedosi leggero e scorrevole è riconosciutà in ogni ambiente letterario, ma dei singoli contenuti dell' opera che a tratti, in alcuni passaggi, rappresentano delle vere e proprie vette letterarie, ma in altri delle grossolane cadute di stile.
Dance dance dance è una sorta di seguito non seguito di Nel Segno Della Pecora, la storia riparte circa da dove era terminata l'altra per poi evolversi tutta in maniera differente. Se da un lato questo può essere piacevole, poichè è sempre interessante, ove non si ecceda, ritrovare un protagonista per così dire famigliare, dall'altro reca un grosso problema: se il primo libro, vuoi per una serie di motivi in cui ora non è il caso di addentrarsi, non era esattamente riuscito, si rischia riprendendo il soggetto di trasportare i difetti anche nel secondo libro. E qui così purtroppo accade, ed è un vero peccato, poichè come s'è già detto il romanzo in se è valido.
Ma che bisogno c'era di riproporre quell'assurdo e veramente poco credibile personaggio dell' Uomo Pecora? Che bisogno c'era di reintrodurre l' ex fiamma dalle orecchie portentose, orecchie così particolari che una volta messe in mostra, una volta "aperte" sono in grado di sovvertire le leggi della fisica?
Delle orecchie? Ma dai! Cioè tutt' al più delle orecchie possono essere ben fatte, carine, sensuali... Se una storia parte da dei presupposti inconsistenti, incredibili, non importa quanto valida, bella, delicata e toccante possa diventare, sarà pur sempre una storia campata per aria. Certo occorreva l'elemento di rottura, l'imprevisto che fa nascere dalla routine di una vita come tante una vicenda degna di essere raccontata, ma per una volta si poteva lasciar perdere l'elemento surreale. Capisco anche che ormai questo sembra sempre più diventare il marchio di fabbrica dell'autore, ma per una volta, solo una, si poteva anche evitare, in Norwegian Wood c'era riuscito ed è diventato uno dei suoi libri più amati, perchè dunque ricascarci qui? In racconti come La Fine del Mondo il surreale ci sta anche bene, poichè tutta la storia è così, è un urban fantasy, ma in questa, che a tratti è talmente legata alla realtà da sembrare quasi un giallo o un noir, si poteva lasciar perdere, no? Poi col libro successivo avrebbe potuto parlare di fate ed unicorni quanto voleva, ma almeno in questo! E non è il mio un protestare vuoto per amore della critica è perchè questo è veramente un bel romanzo, che come si diceva si eleva a vette letterarie raramente raggiungibili oggi giorno (vedasi per esempio i dialoghi tra il protagonista e la ragazzina chiusa in se stessa che gli piomba nella vita o l'angosciante, quasi kafkiano, interrogatorio della polizia o ancora il personaggio di Dick North: un personaggio di passaggio, solo appena accennato eppure così ben caratterizzato da rappresentare da solo un mondo e una stagione, le Hawaii di fine estate.) Eppure no, quasi Murakami si sentisse in obbligo nei confronti del lettore, ci rificca dentro il surreale, e se non è l'Uomo Pecora, sono le orecchie portentose della sua ex, e se non sono quelle sono delle allucinazioni alla Shining con alberghi dai piani inesistenti o peggio ancora gli scheletri in soffitta (ma nel vero senso della parola!) e tutto il romanzo viene irrimediabilmente ridimensionato, se non addirittura rovinato, e ciò che poteva essere un moderno capolavoro meritevole da solo di nobel per la letteratura, torna ad essere il simpatico romanzo di un bravo e un po' stralunato autore.
Pazienza, che ci volete fare, in fondo lui stesso ci insegna che è meglio accontentarsi, rinunciare ai grandi sogni e ballare, ballare e ballare.
Se lo dice lui...
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Commenti
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Eh eh eh. Ma la cosa più bella (e divertente) qua è il tuo commento!
Todaoda non ha però fatto accenno al desiderio di affetto e la ricerca d'amore del protagonista che secondo me muove un po' tutto il romanzo e che alla fine si rivela come l'unica soluzione per dare un senso alla vita del giovane giornalista.
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