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La famiglia Winshaw di jonathan Coe
“La famiglia Winshaw” di Jonathan Coe fu pubblicato nel 1994 - un romanzo geniale, un compendio di tutta la migliore tradizione letteraria britannica.
Il testo è diviso in due parti , precedute da un prologo che introduce i membri della famiglia riuniti nella dimora avita, le Winshaw Towers, luogo sinistro, testimone delle sfrenate ambizioni e delle spregiudicate mire dei suoi abitanti.
Perché il lettore non si confonda tra i numerosi personaggi componenti della famiglia, Coe ha inserito all’inizio di queste pagine introduttive un utilissimo albero genealogico.
La prima parte del romanzo è la più lunga e la più complessa. La scena si sposta dalla dimora di famiglia e si concentra sui singoli personaggi, sulle loro vite e le loro abitudini. Ad un capitolo dedicato ad un preciso periodo storico che inizia con l’agosto del 1990, si alterna un capitolo per ognuno dei discendenti Winshaw. Con questo espediente Coe raggiunge un duplice scopo: quello di introdurre il personaggio di Michael Owen, lo scrittore che dovrebbe raccontare la storia della grande e potente famiglia e quello di fare uso di diverse tecniche narrative: il racconto in terza persona con un punto di vista esterno alla vicenda, la narrazione affidata a un io narrante e persino quella diaristica così cara a Defoe. Il cambiamento dei punti di vista rende più vivace e interessante la descrizione dei fatti. Con estrema abilità Coe riesce infine a far coincidere e culminare vicenda e personaggi in un unico quadro sintetico.
Siamo di fronte a un’impietosa critica di tutto l’establishment britannico: la satira di Coe raccoglie la mordace lezione del Swift dei Gulliver’s travels pur senza arrivare al paradosso della sua “Modesta Proposta”; ripropone, nello stile dello Sterne del “Tristram Shandy” una galleria di personaggi- simbolo di istituzioni e centri di potere corrotti e inefficienti: Hilary rappresenta l’uso spregiudicato e corrotto dei mezzi di informazione, Henry l’opportunismo senza scrupoli della politica, Roddy è l’ignobile ricco mercante d’arte che abusa del suo potere per ingannare un’aspirante pittrice, con Dorothy si allude alla disonestà e alla crudeltà con cui si può gestire un’impresa, Thomas rappresenta lo sciacallaggio esistente in certi ambienti del mondo della finanza e infine Mark è la dimostrazione di come si possano chiudere gli occhi di fronte a misfatti e stragi, torture e persecuzioni a opera di dittatori spietati, in nome del profitto.
La seconda e ultima parte del romanzo si svolge di nuovo nella dimora di Winshaw Towers, che diviene un grottesco microcosmo dell’intera società umana. Qui infatti si riuniscono di nuovo i membri della famiglia con il pretesto della lettura di un testamento e il romanzo si trasforma da feroce satira socio-politica a giallo nella scia della più raffinata tradizione dell’ Agatha Christie di “Dieci piccoli Indiani”. E’ possibile trovare anche qualche riferimento al Goldfinger di Ian Fleming. Né mancano momenti ansiogeni che ricordano alcune situazioni descritte dall’americano Edgar Allan Poe, che tanta influenza ebbe sull’opera di Conan Doyle.
“La famiglia Winshaw” è dunque un romanzo complesso, ma piacevolissimo. La conclusione lascia stupiti. Un romanzo nella migliore tradizione britannica.
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