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Le braci
 
Le braci 2014-02-10 16:44:56 Emilio Berra
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Emilio Berra Opinione inserita da Emilio Berra    10 Febbraio, 2014
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Dalle braci grande fiamma

Siamo nel 1940, quando già divampa la Seconda Guerra mondiale. Due uomini di 75 anni si fronteggiano nella sala del castello di uno di essi (il Generale). Sono 41 anni che i due non si vedono (erano intimi amici fin dall'adolescenza benché, o forse perché, molto diversi: uno ricco, razionale, 'militaresco'; l'altro di famiglia non abbiente, di temperamento artistico, amante della musica).
Perché un così lungo periodo di voluto allontanamento? Che cosa è successo?
Fra di loro c'è l'impalpabile presenza di una donna, ormai defunta da decenni: Questo bel fantasma ha sicuramente segnato la vita dei due.
Ora il Generale ha delle questioni da porre, le quali da strettamente private diventano esistenziali. Ed è proprio questo "afflato cosmico", presente nel romanzo', che colloca Marai fra i Grandi della letteratura.
In quel freddo salone del castello, le braci non ardono solo nel caminetto, ove sono presenze non solo metaforiche, pronte a divampare in fiamme che annientano.
Il ritmo incalzante della scrittura inchioda il lettore, in un clima di crescente tensione, fino all'ultima pagina. L'atmosfera, benché inquisitoria, potrebbe essere definita di sontuosa seduta analitica, in cui il Generale, dopo decenni di solitarie e dolorose elaborazioni mentali, esplicita le proprie 'scoperte' su questioni per troppo tempo tenute sotto la cenere. La narrazione avanza in modo inesorabile: dettagli trovano la loro collocazione nel contesto di una vita, e sono tali da sorprendere, scioccare, devastare. Le domande esistenziali, che vengono poste, inquietano: riguardano l'esile confine fra amore e odio, il ruolo delle passioni e l'oggetto di esse. La ragione qui non è sufficiente: le sue ragioni schiudono piuttosto nuovi interrogativi.
C'è, però, un altro personaggio femminile, nel contempo reale e simbolico, ad essere punto fermo e rifugio affettivo nelle vita del Generale: personaggio vivo ('ancora vivo'), in carne ed ossa (ossa, soprattutto): è la vecchissima balia (che l'ha visto nascere e l'ha allattato), di età si direbbe indefinibile e leggendaria (in realtà ha 91 anni), ancora capace di accogliere, comprendere, consolare: lei gli fa il Segno della Croce; lui le dà un bacio: "come tutti i baci umani, anche questo (...) è la risposta a una domanda che non è possibile affidare alle parole".

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Ho letto Le Braci la scorsa settimana ed è stata la prima volta che ho letto Marai. Sicuramente leggerò altri suoi romanzi e mi incuriosisce la sua autobiografia (Confessioni di un borghese). Col tempo proverò a capire se mi piace più lui o Joseph Roth, mia antica passione lettararia. Per ora vince la tradizione, il buon Marai si è appena affacciato tra le mie preferenze. Di questo libro, che tu commenti bene, mi ha colpito la l'energia e la forza trattenuta e governata lucidamente nel lungo soliloquio di Henrik. In quel parlare a bassa voce, al chiarore della candele, al tepore del fuoco, tra i cigolii del legno sembra quasi di assaporare la robusta struttura di un buon vino invecchiato. Konrad non può dire nulla (e forse l'inconsistenza dell'antagonista di Henrik anziano è probabilmente una delle poche cose che non mi sono piaciute del romanzo), schiacciato da un'analisi che contiene le riflessioni di una vita, respiro dopo respiro. E poi: sarà casuale che quello che sparisce perr una vita nei mari d'Oriente si chiami proprio "Konrad"?
Ciao Emilio, bel commento! Seduta analitica? E in effetti sì, tardiva però, quanto il tempo del perdono?Perché quando siamo vivi e ardenti tutto ci brucia?
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