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Andorra
 
Andorra 2014-02-09 07:43:21 Maso
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Maso Opinione inserita da Maso    09 Febbraio, 2014
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L'implosione e il "mood writing"

Sua Grazia rediviva. Fulgida e adamantina come mai prima d’ora, proviene dal secolo trascorso a beneficio esclusivo del lettore italiano. Si riveste di una tavolozza chiassosa che non si preoccupa di infuocare le cornee della mente. L’occhio giubila al cospetto di un panorama che, dischiuso il broccato delle parole, non manca di mozzare il fiato e di accendere i sensi. Andorra. Di fronte a noi è il paese dei sogni, in cui perdere noi stessi, chiunque siamo stati, chiunque siamo, chiunque tenteremo di essere. Ed ecco che il miracolo è fatto, ancora una volta Cameron indossa gli allori ed incassa una vittoria meritata per aver evocato un frammento di mondo e averlo rivestito di tutti i gioielli del proprio scrigno, immortalandolo in una indimenticabile diapositiva che ci ricorda le Belle Lettere di un tempo che fu. Il granito rossastro che sfrigola sotto il sole di Andorra, quella torretta dell’Hotel Excelsior dalla struggente vista sul porto, offuscata dalle burle della mussolina. L’aulenta notte estiva che lancia ammiccanti bagliori tra i boccioli di bouganvillea. Un mondo che non esiste, un ideale romantico che perde il gusto per gli orpelli linguistici e che propugna invece l’essenza più pura e strutturale dell’utopia. Il discorrere di Cameron è Impressionismo verbale, pittoricismo letterario gonfio di una serie indicibile di immaginari affini che convergono in una sintesi contemporanea e affascinante.
In questo romanzo del 1997 Peter Cameron è già il nostro Peter Cameron. E’ quasi agli esordi, se si esclude la pubblicazione di una piccola raccolta di storie brevi del 1987 (che ho avuto la fortuna di ottenere dopo una strenua ricerca) e “The weekend”. Eppure egli è già maturo, non mostra indecisioni, non ripensamenti, nessuna pecca giovanile che faccia presupporre, ad un lettore poco informato, il periodo giovanile in cui “Androrra” è stato scritto. Solo il lirismo in technicolor risulta essere una caratteristica che va via via diminuendo con il progredire della produzione letteraria. Caratteristica che in questo romanzo rivela una sua potenza, una sua preponderanza e una sua centralità che risulta paritaria rispetto a quella di personaggi, settings e dialoghi. “Andorra” conferma ancora una volta lo svilupparsi di un filone di romanzi fondati sul nulla, su un minimalismo sinottico che viene redento e confezionato da uno stile inconfondibile, placido e visivo. Una vicenda di convenzionalità estrema come quella dell’espatrio volontario sta al centro di questo romanzo. Alexander Fox è un personaggio farraginoso, prototipico, che si reca ad Andorra con la ferrea volontà di stabilirvisi, al riparo dei frammenti taglienti di una vita andata in pezzi. Compra un diario dalla copertina damascata per riporvi i propri pensieri, fa la conoscenza di Mrs Dent, immigrata dall’Australia col marito, e la ricca famiglia dei Quay, un nucleo sociale tanto inconsueto quanto mielosamente blasé. Alex si insinua nel costume tipico di un paese accogliente ed ebbro di felici promesse, entrando in dinamiche sentimentali che tenteranno di minare la propria volontà di trovare un riparo duraturo contro le insidie del passato e del presente. Il concetto di identità e di relazione col mondo e col proprio posto in esso risulta il lampante messaggio che Cameron lascia tra le righe di “Andorra”. Lo fa, naturalmente, a suo modo. In quel suo modo peculiare che porta ad amare la circostanziata serie di perfezioni distribuite con generosità non solo in questo lavoro specifico, ma in tutte le opere della sua produzione. La figura che va delineandosi in relazione alle peculiarità di Cameron credo che possa essere definita come “mood writer”. Scrittore d’atmosfera. Perché è proprio l’atmosfera, generale e originaria di ogni momento della vicenda, che gioca un ruolo fondamentale nella fascinazione che si prova nei confronti di questi squarci idealizzati di mondo. Egli è un esteta che non rinuncia al tratto poetico, all’opportuno senso di compiutezza atmosferica che compendia ogni scena e ogni dialogo dei personaggi. Tutto è come dovrebbe essere, tutto è come vorremmo che fosse se anche noi ci trovassimo al fianco di Alex e Mrs Dent sul terrazzo panoramico affacciato sul crepuscolo sanguinante. Il senso di attrazione che si prova per quel dato momento, per quel dato istante così meravigliosamente completo è qualcosa di impagabile.
Credo valga la pena leggere qualcosa di questo autore, “Andorra” in primis. Anche solo per dare atto ad uno scrittore fondamentale della generazione contemporanea del grande merito e del coraggio profuso nella presentazione di una scelta stilistica in netto contrasto con le imperanti tendenze moderniste. Cameron, nella sua concezione “implosiva” di ritorno ad una letteratura di matrice ottocentesca, è ciò che si contrappone all’”esplosione” estremizzata che ha caratterizzato le lettere e le arti della fine del secolo scorso. Egli è la Transavanguarda dopo il Minimalismo, il preraffaellita dopo Cezanne, il manierismo che supera la trasgressione. Ed è tutto questo in modo tremendamente semplice, quasi modesto, in una dimensione di Garbo il cui concetto ho già espresso a proposito di “The weekend”.
Inutile dire, dopo tante nubi di incenso, l’interesse profondo che provo per questo autore e per le sue capacità di racchiudere una dimensione di piacevolezza e di diletto in una concezione letteraria che, benché non ne riprenda il lessico, si affianca notevolmente all’ideale romantico del contesto ottocentesco, reinterpretandolo e buttandolo nella tantità dei nostri odierni universi.
Ancora una volta, con rinnovata verve, un sincero invito all’approfondimento.

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