Dettagli Recensione
Astrattismo letterario
Qual'è quella cosa su cui si regge la società antica e quella moderna, quell'unica imprescindibile prerogativa e insieme caratteristica di ogni assemblea di uomini, voglia essa chiamarsi stato, nazione o società? L'economia, la politica, la legge? No di certo, o meglio sì, in parte, ovvio!, ma tutte loro non sono tuttavia così unicamente essenziali come un'altra (e la recente storia pare anche confermarcelo): la comunicazione, il sistema di trasmissione diretto e indiretto delle informazioni. Se viene a mancare questo, vengono a mancare i rapporti tra nazioni, citta, paesi e infine uomini e non c'è più economia, politica o legge che regga. E quale migliore metodo dunque per rivoluzionare un mondo se non quello di tagliare le vie di comunicazione originali e soppiantarle con delle altre gestite e controllate dai rivoluzionari? Quale modo migliore per conquistare e mantenere il potere se non quello di controllare le informazioni? (Vedasi per esempio i regimi mono o pluri dittatoriali che ancora oggi negano al loro popolo l'accesso ai social network, o la Cina che ha introdotto un motore di ricerca "personale" per far concorrenza a Google e probabilmente filtrare certe notizie) Quale metodo migliore dunque? È presto detto: nessuno.
Ma se il sistema originale è troppo potente, troppo instaurato e affermato sul territorio da essere soppiantato così in quattro e quattr' otto, tutto ciò che possono fare i "sovversivi", gli ideatori del nuovo sistema, è quello di limitarsi ad una guerriglia, ad una guerra fredda fatta di sotterfugi, silenziosi attentati, reclutamenti segreti, e voci contradditorie seminate tra la gente, certa gente, per creare confusione o talvolta, come nel caso della "nostro" romanzo, curiosità e rabbia. E se poi qualche estraneo, qualche innocente, come nel caso della "nostra" protagonista, cade erroneamente in questa sotterranea rete eversiva, be tanto meglio: o una nuova adepta o un nuovo esempio del potere dei rivoluzionari per tutti i nemici, per tutti gli assuefatti al naturale, normale, stato delle cose, o ancora meglio, attraverso la sopraccitata metodica trasformazione dell' informazione, un nuovo martire imolato alla giusta causa, sacrificato da un sistema, quello originale, corrotto, per tentare di mettere a tacere un movimento che in questo modo non è piú soltanto la voce fuori dal coro di un manipolo di pazzi reazionari, ma la voce del popolo, l'unica e autentica voce della verità.
Non c'è come palesare una cosa per renderla dubbia, non c'è come sussurrarla per renderla autentica.
Questo è Il significato, a grandi linee, della storia a cui gira attorno L' Incanto del lotto 49; a grandi linee, poichè di per se stessa la vicenda non è per nulla chiara e lascia molti punti, o argomenti all'oscuro, tipo: perchè tirare in mezzo proprio quella donna, la protagonista? Oppure sarà stata veramente tirata in mezzo o è lei che ci si è infilata, intromessa, occupandosi di cose che non la riguardavano? E poi in fin dei conti cosa vogliono veramente questi reazionari, ammesso che esistano..., questi accaniti e quanto mai concorrenziali rivoluzionari? D'accordo vogliono rivoluzionare... ma perchè, cosa vogliono ottenere? Di cosa esattamente si lamentano? E anche ammesso che sia lecito il loro motivo, sempre che esista..., non c'era un metodo più efficace che tirare in mezzo un opera teatrale di qualche decennio prima, dei francobolli e un benedetto corno da postiglione?!
Certo è tutto figurato, è tutto un meccanismo propedeutico alla narrazione, uno stratagemma per dare il ritmo alla trama grazie ad un sarcasmo di riflesso, da teatrino dell'assurdo, come se noi, lettori, spettatori e membri della società, all'apertura del sipario ci trovassimo di fronte ad un grande specchio che non fa altro che rifletterci, storpiandoci, evidenziando i nostri difetti e la nostra illogicità e, noi, marionette nelle marionette ridessimo di gusto capendo e non capendo. (Viene spontaneo qui il paragone con uno dei primi film del cineasta che crea l'Infinite Jest del romanzo di David Foster Wallace, quello che consiste nella ripresa e riproposizione in tempo reale del pubblico in sala e questo prima si stranisce, poi illogicamente ride ed infine s'arrabbia e se ne va.)
Vero dunque, come in Infinite Jest anche ne L' Incanto del lotto 49 è tutto allegorico, ma proprio come in quello se l'allegoria è illimita e costante si rischia realmente di perdere il significato di fondo, e con esso il senso della realtà. E qui del resto certo non si lesina sull'irrealtà: l' autore apposta crea una vicenda fumosa e caotica, dove ogni propsettiva viene costantemente rivoluzionata attraverso contradditori giochi di specchi e di parole che rimandano alle incertezze della protagonista e del mondo che pare, solo pare, aprirsi di fronte ai suoi occhi; e più che raccontare la storia ce la dipinge (a tratti da vero maestro) con scorci disordinati di vissuto su un annuvolato sfondo esistenzialista e minimalista, davanti al quale noi non possiamo far altro che rimanere ad osservare beandoci dei colori e delle forme, senza tuttavia riuscire a comprendere il significato delle immagini.
Sorge dunque spontanea una domanda: in soldoni, "L' Incanto" è un bel libro oppure no? E Pynchon scrive bene oppure no?
È impossibile rispondere poichè come ogni opera d'arte che tocca profondamente chi l'osserva il giudizio non puó mai essere assoluto ma solo personale e ogni lode è lecita e giustificata quanto ogni critica. Ma se il giudizio sulla singola opera e sulla piacevolezza dello stile di Pynchon è soggettivo, una cosa oggettiva rimane, e certamente gli va riconosciuta: l'autore nel bene e nel male ha sconvolto e rivoluzionato la recente letteratura più di ogni altro suo collega e ha creato un movimento a se stante che, come per certa arte moderna che si discosta dai normali canoni di perfezione di quella classica, si pone come altro estremo della visione e comprensione umani. Pynchon ha creato la letteratura astratta, dove i soggetti narrati non sono più chiari, le vicende non più lineari, ma solo l'idea di base che si ha di esse, l'idea che viene esposta dall'autore dopo essere stata masticata, digerita e metabolizzata dalla sua fervida mente.
E come ogni movimento anche questo ha i suoi adepti, vedasi per esempio, come si diceva prima David Foster Wallace che, pur essendo la sua bibliografia ahinoi troppo scarna per poter essere portato ad esempio, a tratti pare proprio un Pynchon mondato e ripulito dall'eccessiva caoticità, o il "recentissimo" Tom McCharty col suo C (il cui titolo sembra un talmente ovvio omaggio al V del Nostro da rasentare l' inverosimile), o i critici letterari come Bloom (che consiglia addirittura di leggere L' Incanto due volte). Sì, ha i suoi adepti, ma anche suoi detrattori, coloro che criticano l'eccessività del suo stile, coloro che vorrebbero ma proprio non ce la fanno ad apprezzarlo, come per esempio il sottoscritto (lo so come esempio lascio un po' a desiderare) coloro che, pur riconoscendo l'immensa creatività e l'audacia dell'autore, non reggono allo sforzo di tirare le somme ad una vicenda che tende all'autocompiaciuta incomprensibilità in meno di 150 pagine.
Per concludere, è vero: sì legge, si evidenzia, la grandezza di Pynchon tra le righe, tra le parole e soprattutto, a mio parere, nella perfetta caratterizzazione delle atmosfere, ma i meccanismi attraverso cui si giunge a queste vette letterarie rimangono incomprenibili, così come volutamente incomprensibile è il filo logico che sottende alle sue vicende.
Genio e sregolatezza, si dice per descrivere certi grandi dell'arte e questo è anche il caso di Pynchon, ma al pari dei più grandi artisti dell'astrattismo figurato, checchè ne dicano i veri critici e i presunti esperti che si adeguano al coro delle loro risonanti voci, affrontando "un Pynchon" viene sempre umilmente da chiedersi dove veramente finisca il genio e dove comici la più totale, dissoluta, e involontaria sregolatezza.
Indicazioni utili
Commenti
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
Ordina
|
Lo so Pynchon è strano, mi dico sempre "questo è l'ultimo che leggo", poi però ci ricasco sempre, è come se fosse una sfida. Se non l'hai mai letto prova dai suoi ultimi, Vizio di Forma o The Bleeding Edge (non so se questo è già uscito tradotto) si dice che siano più semplici e lineari, si dice...
Quello stile è davvero stupendo, così penetrante e piacevole da incantare.
E' vero che se uno ha velleità di scrittore dopo averlo letto getta via la stilografica :-)
Se hai letto solo V questo allora lo devi assolutamente leggere, è più conciso e per certi aspetti anche più intenso e diretto, senza contare che è il suo cavallo di battaglia e da tutti è considerato "il manifesto del modernismo letterario". Il passo seguente è l'Arcobaleno della Gravità, che però non so come sia, non l'ho ancora letto. Date le dimensioni e lo stile, bello, ma decisamente complesso sono letteralmente terrorizzato da quel libro! :-)
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
davvero analitica e di estremo interesse sul piano critico
bravo Paolo!