Dettagli Recensione
Shintoismo letterario?
Dalla più frugifera (?) delle autrici che affollano il panorama letterario internazionale giunge una storia che a mio sommesso parere meglio si comprende se la si considera imbevuta di shintoismo, la “religione nativa del Giappone” che “prevede l'adorazione dei kami, un termine che si può tradurre come divinità, spiriti naturali o semplicemente presenze spirituali. Alcuni kami sono locali e possono essere considerati come gli spiriti guardiani di un luogo particolare, ma altri possono rappresentare uno specifico oggetto o un evento naturale…” Ma anche con questa sommaria e rudimentale infarinatura di cultura orientale, miseramente raccattata da wikipedia, non sono riuscito ad apprezzare fino in fondo una storia che ho trovato macchinosa nella costruzione, lenta nello svolgimento, non particolarmente sbalorditiva nello sbocco finale.
Yumiko (la mesta io narrante: “Il solo mio esistere fa sì che ogni luogo si tinga sottilmente di un’ombra di morte”) e Shoichi sono figli di due gemelle (“i nostri percorsi di vita erano stati completamente diversi”): hanno trascorso insieme l’infanzia, poi qualcosa si è inceppato nei rapporti tra le loro madri, che discendono da una famiglia economicamente affermata (“una grande azienda come il Konamiya”) ove la nonna era una strega (“Le nostre madri erano figlie della fondatrice di una particolare setta religiosa, vero?”) e praticava lo spiritismo (“è una casa in cui c’è stato un omicidio”). Caratterialmente le gemelle non sono due gocce d’acqua, anzi rappresentano due polarità antitetiche: la madre di Shoichi (polio +) è dolce e positiva, quella di Yumiko (polo -) malvagia ai limiti della follia. Quest’ultima, dedita all’occultismo (“Durante la seduta spiritica, mia madre uscì totalmente di senno e uccise mio padre con un coltello, dicendo che era posseduto da uno spirito maligno… poi anche mia madre si colpì alla gola con il coltello e morì”), durante una scellerata seduta commette una strage (“Quando sono ritornata nel mondo, tutto mi era stato rubato dalla famiglia Konami e dagli zii sopravvissuti a quella serata”). Yumiko (“Vivere così, dopo aver fallito in tante cose e senza alcuna capacità, in realtà è di una tristezza infinita”) è la vittima innocente di questo antefatto e il romanzo è la storia della ricongiunzione tra i due cugini, essendo stato Shoichi incaricato dalla madre morente (“Che ti aiutassi, è stata davvero l’ultima volontà di mia madre”) di rintracciare la sfortunata cugina (“Ma se desiderassi tornare a come eri da bambina, prima che tante cose accadessero, vorrei che ti lasciassi aiutare da Shoichi”) per aiutarla a riappropriarsi dei ricordi (“Io, sarà forse perché ho un rifiuto inconscio, non riesco a ricordare”). I due ragazzi insieme compiono un percorso a tappe attraverso le case natie, l’ospedale (“Forse le tante medicine che mi hanno dato hanno contribuito a cancellare i miei ricordi”) ove le madri furono ricoverate, le tombe dei defunti: è il faticoso cammino verso l’autocoscienza (“Nella mia mente balenò qualcosa. Sto per ricordare qualcosa, pensai”), la scoperta della verità (“Per quanto cerchi di chiuderli in una scatola, facendo finta che non esistano, questi buchi della memoria si aprono dentro di me come enormi trappole”) e l’emostasi psichica (“Anche questo viaggio si avvicina alla fine… però sono veramente felice di aver ritrovato i ricordi più importanti, i più preziosi…”).
Un consiglio agli scrittori esordienti: non prendete esempio dal finale di Banana (!), verreste tacciati di grossolano errore nel pdv. Ma questa è pura accademia, che personalmente non condivido, un cliché sicuramente non applicabile a una scrittrice del calibro della Yoshimoto (perché preferisco chiamarla per cognome?), che può concedersi (come tutti noi possiamo, evvivaddio!) ogni licenza poetica…
Bruno Elpis
Indicazioni utili
- sì
- no
...a proposito di sedute spiritiche, "Piccolo mondo antico" di Fogazzaro.
Commenti
11 risultati - visualizzati 1 - 10 | 1 2 |
Ordina
|
Banana
Banana
Ripeti con me Bruno :
BANANA
BANANA YOSHIMOTO
:-)))))))
SCONSIGLIATA LA LETTURA DI QUESTO COMMENTO A CHI VUOLE LEGGERE IL LIBRO
La chiusura della mia recensione è ironica e vagamente polemica. Alcuni maestrini dalla penna rossa (che selezionano racconti in concorsi letterari) considerano un errore nel pdv affidare la narrazione a un morto (oppure a un animale, o a un fantasma) sulla base dell'accademico assunto che ciò rappresenterebbe un'incongruenza logica. Ovviamente io non concordo con questa teoria, o meglio reputo che sia da applicare in modo relativo e non come dogma: nel caso che qui stiamo discutendo, lo spirito/fantasma (l'io narrante dell'opera) viene dotato di una propria vitalità in una sospensione continua tra sogno e vita reale. E questa rivelazione finale è, a parer mio, la parte più pregevole del romanzo e gli imprime un impulso che valorizza la narrazione lenta e trasognata.
Per una brevissima e scolastica sintesi delle diverse teorie sul pdv si veda anche http://it.wikipedia.org/wiki/Punto_di_vista_(letteratura)
Ciao, grazie per i vostri interventi :-)
11 risultati - visualizzati 1 - 10 | 1 2 |