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Finchè alziamo gli occhi al cielo,ci sarà speranza
C’è un attimo che precede la sera, un attimo in cui alzando gli occhi al cielo possiamo vedere le stelle più luminose, quelle che rappresentano i nostri cari, la nostra famiglia che ci sorveglia dall’alto. Questo è ciò che pensa Rose, malata di Alzheimer e giunta al termine della sua lunga vita. In tutti questi anni lei non ha mai smesso di alzare gli occhi e cercare.. cercare una famiglia che ormai è andata persa. Fu così che un giorno, uno dei pochi di lucidità, da a sua nipote Hope una lettera, contenente un elenco di nomi e la saluta facendosi promettere che si sarebbe recata a Parigi alla ricerca della sua famiglia. Quello che la nipote aveva imparato dai libri, l’olocausto e il genocidio Ebraico non sono più un episodio lontano, ma una parte dolorosa nella storia della sua famiglia. La pasticcera Hope, divenuta proprietaria dell’azienda dolciaria di famiglia si trova ad affrontare un viaggio, arriverà nella capitale francese e si darà da fare a rintracciare la sua famiglia, guidata solo da una lista di nomi e da molta speranza. Questa storia sembra quasi una favola, una dolce favola guarnita però di amara tristezza.
Questo romanzo si svolge in luoghi magici, partendo dalla spiaggia di Cape Cod fino ad arrivare a Parigi, capitale dell’amore per eccellenza. I posti sono raccontati in maniera quasi fiabesca, descrive un tramonto sulla spiaggia facendolo sembrare fantastico e dando modo al lettore di immaginare la scena senza scrivere ulteriori dettagli. I personaggi sono ben costruiti, dal carattere difficile di Annie, figlia adolescente di Hope, fino ad arrivare a Rose, malata di Alzheimer e con una profonda tristezza interiore. Ho scelto di leggere “Finché le stelle saranno in cielo” in questo periodo proprio perché volevo qualcosa che mi ricordasse l’olocausto, dato che abbiamo onorato proprio ieri le vittime del genocidio Ebraico. Ho letto parecchie recensioni al riguardo e molte definiscono questo libro un po’ “povero” da quel punto di vista. Tutto ruota intorno alla parte romantica e alla ricerca della famiglia senza che ci siano parti spiegate e dettagliate sull’argomento. Questo è stato uno dei motivi per cui io ho deciso di leggerlo, ho preferito una storia che mi facesse dare spazio alla “speranza” più che alla tristezza. Io riconosco di avere un grosso limite, leggere libri sull’olocausto per me (come credo per tutti) è una grande sofferenza. Sono stata male leggendo solo alcuni titoli in biblioteca, mi sono trovata davanti al libro “Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti” e mi sono trovata a pensare a mia figlia, che piange addirittura quando cambio stanza o quando la porto all’asilo. Come è possibile? Cos’hanno provato le madri vedendosi strappare dalle braccia i loro figli sapendo dove sarebbero stati portati? Come si può avere una crudeltà tale da uccidere dei bambini, quando a me le lacrime scorrono leggendo solo un titolo? Sono domande a cui non riuscirò mai a darmi una risposta. E intanto mi trovo a cercare libri che parlino in maniera molto velata del problema, altrimenti il magone mi perseguita per settimane. In questo libro si parla di unione tra religioni,un’ utopia forse, date le notizie che si sentono ai telegiornali, ma con un fondo di verità. È vero infatti che i Musulmani (qui citati tramite “La grande Mosquèe di Parigi”) hanno aiutato a fuggire a hanno salvato numerosi Ebrei. Questa è una grande dimostrazione di come in realtà siamo tutti uniti di fronte al dolore, ed è forse perché ora stiamo fin troppo bene che finiamo per dare spazio ad inutili razzismi e diamo l’aiuto quasi per scontato. È vero, in questo libro l’olocausto è descritto in maniera un po’ astratta, non da notizie concrete e cruente. Non so se questo possa essere un punto a suo favore o a suo sfavore, dipende da cosa cerca il lettore e io personalmente l’ho apprezzato. C’è anche una parte leggera, tratta appunto il lavoro di Hope e parla delle ricette ebraiche tramandate dalla sua famiglia e all’inizio dei capitoli in cui parla Rose è presente il procedimento per prepararle. In ultimo posso dire che ho apprezzato molto anche i piccoli dettagli presenti all’interno della storia, ad esempio il nome della protagonista, Hope, non avrebbe potuto essere più indovinato.
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Commenti
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Capisco quando dici alle madri che consegnano i figli, ma io sono rimasto sconvolto quando nel film sugli ultimi giorni di Hitler, nel bunker una madre moglie di un gerarca nazista ormai resa conto che la guerra era persa ha avvelenato i propri figli piuttosto che vivessero il nuovo mondo senza il raich.
Non dovremo mai dimenticare ciò di cui siamo stati capaci.
Io ti consiglio (La sposa di Auschwitz) Bellissima storia vera, di dolore, amore e speranza.
Mandi ;)
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