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Claustrofobico incubo giudiziario
Una mattina come tante, mentre aspetta che gli venga servita la colazione, il procuratore di banca Josef K. riceve la visita inaspettata di due sconosciuti che lo dichiarano in arresto. Una faccenda quanto mai inverosimile, lui è innocente, non ha fatto niente di male e per di più non si capisce quali siano le ragioni di questo provvedimento. Sulle prime pensa si tratti di uno scherzo, di una burla grossolana organizzata dai suoi colleghi di lavoro per qualche ignoto motivo, forse perché quello è il giorno del suo trentesimo compleanno. Ma presto il protagonista capisce che c’è ben poco da scherzare: la questione, per quanto possa apparire paradossale, è estremamente seria e molto più grave di quanto sembri. Ecco quindi che, senza neanche riuscire a capire quale reato gli venga imputato, il nostro eroe si trova coinvolto in una vana ed estenuante lotta contro un sistema giudiziario torbido e ingarbugliato, una battaglia impari ed estenuante che logorerà le sue forze ed i suoi nervi portandolo ad una lenta alienazione e che non potrà che culminare in un tragico quanto ineluttabile epilogo. Kafka ci catapulta in un intrigo di paradossi e situazioni surreali, in un labirintico viaggio nei meandri della legge e della burocrazia nel quale l’uomo comune si muove con la stessa agilità e le medesime possibilità di salvezza di una mosca nella tela del ragno. L’autore è straordinario nel creare un’atmosfera sempre più cupa ed opprimente, portandoci al fianco del povero impiegato in basse soffitte dall’aria pesante, stanze buie e polverose dal clima irrespirabile, scale vertiginose, corridoi affollati, in una città costantemente battuta dalla pioggia, dal vento o dalla neve, tra viscidi e ambigui personaggi e con la sensazione di essere sempre spiati, additati, giudicati. Un vero e proprio incubo giudiziario a dir poco claustrofobico, che appare palesemente emblematico di quella che è la concezione pessimistica della situazione umana secondo Kafka. L’indefinibilità del tempo e dei luoghi in cui la storia è ambientata, la vaghezza delle colpe, l’indeterminatezza del potere e delle istituzioni sembrano studiate apposta per far si che questa spietata analisi non si possa circoscrivere né ad un determinato periodo storico, né ad una specifica regione, né tantomeno ad un particolare regime politico, ma riguardi la condizione esistenziale dell’uomo ovunque esso si trovi, in qualsiasi epoca esso viva e qualunque classe politica lo guidi. “…Con occhi ormai spenti K. vide ancora come i signori, guancia a guancia davanti al suo volto, spiavano l’attimo risolutivo. – Come un cane! – disse, e fu come se la vergogna gli dovesse sopravvivere.
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ottima la tua analisi, Enrico!
Buon per te :-)
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