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CINQUANTA SFUMATURE DI MILLER…
Il libro scandalo di Arthur Miller, pubblicato nel 1934, è un’autobiografia che coglie l’intemperante autore nella sua stagione parigina (“È l’autunno del mio secondo anno a Parigi”), dedito a una vita trascorsa sopra le righe tra sfrenatezze ed eccessi sessuali e alcolici. Una versione riveduta e corretta dell’ottocentesco stile bohémien (“Non ho soldi, né risorse, né speranza. Sono l’uomo più felice del mondo”), a concretizzare una poetica (“Una sola cosa mi interessa, ora, e ha per me un’importanza vitale: registrare tutto quello che nei libri è omesso”) che vorrebbe essere innovativa per il XX secolo (“Il secolo vuole violenza, ma abbiamo soltanto esplosioni mancate”) nelle ansie di un decennio proteso tra crisi economica ed esplosione del secondo conflitto mondiale.
… E CINQUANTA SFUMATURE DI PARIGI
Non soltanto sullo sfondo, Parigi invade l’artista con i suoi monumenti (“Alberi scarni, nudi, matematicamente fissi nei loro graticci di ferro; la tetraggine degli Invalides che scaturisce dalla cupola e inonda le strade buie adiacenti alla piazza”), con i templi della mondanità (“Vedo la platea vuota delle Folies Bergère e in ogni crepa ci sono scarafaggi, pidocchi e cimici; vedo gente che si gratta frenetica…”), con lo spirito di pittori (“A sera, di tanto in tanto, sfiorando i muri del cimitero, inciampo nelle fantomatiche odalische di Matisse legate agli alberi…”) e poeti (“A pochi palmi, ma distante incalcolabili ere temporali, giace lo spettro prono di Baudelaire, avvolto in bende come una mummia…”): una realtà metropolitana pervasiva (“Ci vorrebbe una vita a esplorarla di nuovo. Questa Parigi, di cui io solo avevo la chiave, non si presta a un giro, nemmeno con le migliori intenzioni; è una Parigi che bisogna vivere, che bisogna provare giorno per giorno in mille diverse forme di tortura, una Parigi che ti cresce dentro come un cancro, e cresce e cresce finché non ti ha divorato”) che viene descritta come incubo (“A ogni stazione della metropolitana ci son teschi ghignanti… Ovunque siano muri, là sono lucidi tossici granchi che annunziano l’avvicinarsi del cancro. Dovunque tu vada, qualunque cosa tu tocchi, è cancro e sifilide. Sta scritto in cielo: fiammeggia e danza come un malaugurio. Ha roso le anime nostre e noi non siamo altro che una cosa morta, come la luna”) in analogia a quanto avviene in molta arte figurativa dell’epoca.
Il romanzo è un capolavoro creativo nell’espressione della concezione artistica (“Fino a oggi… ho avuto idea di abbandonare la base aurea in letteratura, La mia idea, in breve, è di offrire una resurrezione dei sentimenti, di raffigurare la condotta di un essere umano nella stratosfera delle idee, cioè in un accesso di delirio”) e in alcune intuizioni estetiche, come ben illustrato da un prefatore d’eccezione: George Orwell che scrive l’introduzione all’opera intitolandola “Nel ventre della balena”.
L’opera mi ha respinto per le concezioni maschiliste (“L’importante è non prendere lo scolo”), materialiste (“Ci son da qualche parte i quindici franchi di cui a nessuno importa un accidente e che nessuno alla fine avrà, ma i quindici franchi son come la causa prima delle cose…”) e nichiliste (“Tutto questo mistero del sesso, e poi ti accorgi che è nulla, un vuoto e basta”) di un sesso praticato senza trasporto sentimentale (“Né lui né io abbiamo un briciolo di passione”) tra i postriboli e sotto l’incubo del mal francese.
Bruno Elpis
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Pia
però ognuno è padrone di pensarla come vuole e anche di scrivere ciò che vuole.
ciao, cordiali saluti
Ginseng666
Se ha dato noia a me...figurati l'effetto che avrebbe su di te...
E' un consiglio da amica, quello che ti dò...
cari saluti.
Gin
Purtroppo mi sono accorto di aver flaggato soltanto il sì di lettura consigliata, ho provato a modificare il consiglio di lettura flaggando anche il no, ma la modifica non viene recepita...
Generalmente, in casi come questo (un romanzo controverso, nel quale io ho apprezzato taluni elementi, ma che può disturbare la sensibilità dei lettori) - potete vederlo in alcuni precedenti commenti - indico "sì-no"...
Se il mio giudizio non è apparso chiaro, perché in esso mi sono soffermato sugli aspetti più letterari (quelli che purtroppo spesso catturano la mia attenzione) dell'opera, confermo quanto dice Gin: il testo pullula di situazioni scabrose, espresse con parole volgari. :-)
Ma solo il libro in questione...
Purtroppo io sono una persona educata e certe cose mi disturbano...
Avrei la curiosità di sapere cosa contiene il tropico del Capricorno, ma non sarà uguale all'altro?
Non vorrei cimentarmi un'altra volta in una lettura indecente..
Per quanto mi riguarda, chi ha letto i miei romanzi o racconti sa benissimo che non utilizzo mai parole o situazioni grevi...
"Il tropico del capricorno" l'ho soltanto iniziato, poi ho preferito abbandonare la lettura (la riprenderò più avanti, chissà), perché io stesso - dopo "Il tropico del cancro" - volevo cambiare registro e devo confermare che la lettura di queste opere non è certamente né ludica, né ricreativa... :-)
Pia
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