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Alla ricerca di sé
“Quando ti guardo, a volte mi sembra di vedere una stella lontana. Sembra che brilli, ma è una luce di decine di migliaia di anni fa. Forse è la luce di un astro che ora non esiste più, ma a volte sembra più reale di tutto il resto”.
Tre donne: Shimamoto, Izumi, Yukiko.
Shimamoto è l'amicizia preadolescenziale di Hajime, la prima “finestra” di un ragazzino sull'altro sesso... forse la prima cotta. Ad attirare verso lei non è la bellezza (non ancora) o il suo corpo (non ancora): è la condizione di figlia unica, la lentezza che dipende dalla sua gamba zoppa, la musica che proviene dai dischi in vinile di suo padre, dei quali si impadronisce quando può. Ma bambini e ragazzini non scelgono (non ancora), e allora le strade si separano per le circostanze più banali... magari un trasloco, o un cambio di scuola...
Izumi è l'amore adolescenziale di Hajime, la prima attrazione fisica, la promessa di poter aspettare il momento giusto, infine la prima storia finita male. Ad affascinare in lei è la dolcezza, quando non la remissività, la voglia di qualcosa che ancora non si conosce, la sensazione di innamorarsi dell'amore. Ma la necessità di crescere di un adolescente può andare più veloce del suo ragionare, delle promesse di un momento (che erano vere, autentiche, ma di quel momento)...
Yukiko è l'amore maturo di Hajime, la scelta consapevole, il desiderio di “stabilizzarsi”, la voglia di una strada maestra, di creare una famiglia. Ad attrarre di lei è l'equilibrio, le possibilità che la condizione economica della sua famiglia promette, la probabilità che sappia essere compagna di una vita. Ma l'ombra della crisi esistenziale, personale, può profilarsi dietro qualunque felicità solo apparente...
E poi c'è qualcosa che appartiene profondamente alla vita: le donne (o gli uomini) e le storie che esse (o essi) significano, ritornano. Appaiono. Scompaiono. Più volte.
Quando Hajime fuggirà verso la villetta (disabitata) di Hakone – nel suo momento di massima incertezza, alle soglie dei 40 anni – sceglierà di portare con sé, per una notte, una sola di quelle tre donne. Ma nel profondo dovrà fare i conti anche con le altre due. Per capire se può capirsi... se può ritrovarsi o finalmente riconoscersi.
Ciò che alla fine accadrà. E in questo le percentuali non hanno importanza: non conta quanto ciò dipenderà da lui, o da ciascuna delle tre donne, o da circostanze del tutto fortuite. Ad un certo momento conta solo giungere a sapere chi si è.
Di Murakami Haruki ne esistono almeno due: quello onirico, quasi “illimitato”, e quello essenziale ed intimista. “A sud del confine, ad ovest del sole” è un libro che appartiene a questa seconda vena letteraria: in 200 pagine (che finiscono per sembrare molte di più) si delineano i primi 40 anni di vita di Hajime, senza trascurare le donne che intrecciano la loro storia alla sua, i soffusi jazz-bar che il protagonista gestisce con una competenza di cui è il primo a stupirsi... e poi i misteri (legati agli anni che le donne di Hajime vivono “fuori dal libro”, ai quali lo scrittore allude attraverso particolari episodi ma di cui, al loro ricomparire, non svela quasi nulla).
La sensazione di chi legge questo Haruki è che in letteratura sia più facile mostrare l'evoluzione dell'animo umano – ovvero le sue diverse età – attraverso il non detto (anzi: il non raccontato) che provare a descriverla. Così, la scelta di lasciare aperto qualche sottile filo secondario della storia può apparire più come un valore aggiunto del romanzo che un fattore di insoddisfazione per il lettore.
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Poi, se ti capitasse di leggerlo, mi farai sapere.
Allontanarmi da un libro dopo averlo iniziato non è una cosa che faccio a cuor leggero. Se capita è proprio perché non è nelle mie corde (o io nelle sue). Di Murakami Haruki ho letto quattro o cinque cose, e il suo lato "fantastico" mi attrae davvero poco (sebbene mi piaccia anche quel genere), mentre altre opere mi sono piaciute molto. L'unica è di fare anch'io come il protagonista del suo romanzo: aspettare qualche anno per cambiare io, in modo da vedere se riesco a tornare all'Haruki "onirico"... Ma deve passare un po' di tempo.
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L'Haruki che mi è piaciuto di più, però, è quello autobiografico di "L'arte di correre". Non mi dispiacerebbe recensirlo... se riuscirò a scovarlo in qualche cassetto o scaffale...