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Da John Donne a Ernest Hemingway
Non è un caso se il titolo di questo romanzo è tratto da una poesia del famoso poeta inglese John Donne (Nessun uomo è un'Isola, /intero in se stesso. /
Ogni uomo è un pezzo del Continente, /una parte della Terra. /
Se una Zolla viene portata via dall'onda del Mare, /la Terra ne è diminuita, / come se un Promontorio fosse stato al suo posto, /
o una Magione amica o la tua stessa Casa./ Ogni morte d'uomo mi diminuisce, / perchè io partecipo all'Umanità. / E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana: / Essa suona per te.)
Benché Ernest Hemingway non rientri fra i miei narratori preferiti, per una molteplice varietà di motivi, non ultimo un certo tono di sufficienza a cui ha improntato non sue poche prose, ci sono due romanzi che ha scritto che secondo il mio giudizio sono delle vere e proprie eccellenze, per i temi trattati e per la misura con cui sono svolti. Mi riferisco a Il vecchio e il mare e a Per chi suona la campana. Quest’ultimo ha trovato ispirazione in una sua esperienza diretta nella guerra di Spagna, allorché l’autore americano vi fu presente, dalla parte dei repubblicani, in qualità di corrispondente. Forse la trama è anche troppo semplice, forse avrebbe dovuto affondare ancora di più il coltello nella piaga per dimostrare come, fra tutti gli orrori di un conflitto, sia insuperabile quello di uno scontro fra fratelli, ma c’è qualche cosa che non si deve sottacere e che permea l’intera opera: la morte. Sempre presente, in qualsiasi circostanza, sembra quasi il destino ineluttabile di ciascun protagonista, una morte di cui si è ben consapevoli anche quando si avvia una vera e propria azione suicida, una morte che è sempre al fianco, al punto di non temerla, perché prima o poi tutto finisce. Non c’è retorica in queste pagine, anzi c’è un distacco quasi giornalistico che annota la violenza come un fatto e proprio per questo ancor più lancinante è l’emozione che finisce con il provare il lettore. Inoltre, benché chiaramente dalla parte dei repubblicani, Hemingway usa la stessa misura per loro e per i franchisti, considera gli uomini sotto una diversa divisa come esseri umani, spesso inconsapevoli della scelta effettuata. In quest’ottica la guerra diventa un mostro opprimente che rivela la vera natura degli esseri umani e così per l’autore americano i buoni non sono tutti solo sotto un’unica bandiera e lo stesso dicasi per i cattivi, ben conscio che un conflitto è l’occasione ideale affinché ogni individuo possa dare il peggio o il meglio di sé.
La Spagna descritta non è ovviamente quella colorata che troviamo in Fiesta, è invece una Spagna grigia, fatta di polvere, sangue e uomini dolorosamente nemici, pedine di una scacchiera le cui mosse sono decise dall’unico vero vincitore: la morte.
Dal romanzo è stato tratto l’omonimo film, uscito nel 1943 e che ebbe un grande successo, anche per la fama dei due attori protagonisti: Gary Cooper e Ingrid Bergman.
Leggetelo, è sicuramente meritevole.
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