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Fratelli della razza di Caino
I retroscena di un massacro fanno sempre presa sulla curiosità morbosa della gente, ma “A sangue freddo” è molto più di questo. E' un libro di non-fiction che si può leggere come un romanzo, è il tentativo riuscito di elevare al rango di letteratura la cronaca.
Si può spiegare razionalmente l'omicidio efferato di una famiglia indifesa? Qual è la pena appropriata per i colpevoli? E poi, la domanda più scomoda di tutte: è davvero così netto il confine tra Bene e Male?
Con una scrittura elegante e apparentemente asettica, e persino con un briciolo di ironia che si intravede a tratti, Truman Capote sviscera l'argomento da vari punti di vista, attraverso testimonianze dirette e indirette.
Conosciamo la normale quotidianità degli abitanti di Holcomb, nel Kansas occidentale, le “pungenti risonanze di prateria” del loro accento, l'economia piuttosto florida della zona, basata prevalentemente su agricoltura e sfruttamento del metano.
Nessuno sbarra la porta di casa a Holcomb, perché nessun avvenimento eccezionale aveva mai turbato la tranquilla esistenza delle sue duecentosettanta anime fino a quella notte di novembre del 1959.
La tragedia che colpisce i Clutter, famiglia stimata da tutti, scuote ogni certezza e mette paura:
“...è come sentirsi dire che Dio non esiste. Fa apparire inutile la vita”. Inutile come la gentilezza e la generosità dei coniugi Clutter e come i sogni spezzati dei loro due figli adolescenti.
Agghiaccianti le parole di chi li uccide senza un motivo, senza provare nulla né durante né dopo, con l'indifferenza di chi colpisce dei bersagli ad un tiro a segno:
“Mi pareva un signore molto simpatico. Cortese. La pensai così fino al momento in cui gli tagliai la gola”.
Quello che lo scrittore intraprende è un viaggio in fondo ad un abisso da cui lui stesso non si riprenderà mai del tutto (dopo i fatti narrati i suoi problemi di alcolismo peggiorarono).
Traccia un approfondito ritratto psicologico dei due assassini, e negli anni che passano nel Penitenziario di Stato in attesa dell'esecuzione della pena capitale diventa il loro confidente e amico.
Scopre una certa affinità con Perry, quello con velleità culturali e un'infanzia traumatica “...perché la vita di Perry Smith non era stata un letto di rose, ma una misera, laida, solitaria corsa verso un miraggio dopo l'altro”.
Ma non dimentica che sono soprattutto spietati criminali, “fratelli della razza di Caino”, e nel libro Bene e Male si fronteggiano restando ben distinti.
Eppure non mancano zone d'ombra, passaggi significativi che mostrano il lato oscuro degli esseri umani, al di là del comprensibile desiderio di vedere i colpevoli pendere da una forca.
Per esempio, la delusione provata da molti dopo la cattura, quando si scopre che non si è trattato della vendetta di un abitante del villaggio (la storia sarebbe stata più interessante), o la folla di curiosi (oltre cinquemila persone) che presenziarono all'asta per la vendita della fattoria dei Clutter.
E non sembrano troppo lontane dalla verità le parole di Perry sui giurati: “Guardagli gli occhi. Mi venga un accidenti se sono l'unico assassino nell'aula”.
Rabbia, orrore, raccapriccio, pietà sono i sentimenti che suscita a fasi alterne la lettura di questo libro, consigliato a chi crede che la pena di morte sia un modo per ottenere giustizia ma anche a chi, al contrario, vede nel perdono l'unica possibile via d'uscita.
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Commenti
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@Francesca: grazie, sarei curiosa di leggere le tue considerazioni sulla vicenda!
@Marcy mi ricordo della tua rece. La ricostruzione di Kate Summerscale è necessariamente più romanzata, trattandosi di un delitto avvenuto in epoca vittoriana. Grazie dell'apprezzamento, te ne consiglio senz'altro la lettura. Fammi sapere!
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