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UN BAMBINO, LA VITA CHE CONTINUA
Non ho mai sofferto tanto, leggendo un libro. Non conoscevo McCarthy, ho letto di "La strada" in un saggio di Massimo Recalcati ("Patria senza padri") e mi è venuta voglia di leggerlo: lo trovo straordinario, un libro che scava dentro, che porta alla mente, attraverso le vicende di quest'uomo e questo bambino in un mondo che ormai sembra avere solo una natura minacciosa, interrogativi sulla vita e sulla natura degli esseri umani. L'uomo è un esempio grandissimo di determinazione e di abnegazione in favore del proprio unico figlio; il bambino è il custode dell'umanità residua in un mondo che si è liquefatto e mostra solo scheletri di persone e di cose, dove pare che non vi possa essere spazio per altri sentimenti che non siano il sospetto e l'interesse a sopravvivere, a qualunque costo e contro chiunque altro. Mi piace la lettura che ne ha dato Recalcati, che ha scritto che la conclusione del libro dimostra che "finché c'è un bambino c'è Dio" (ed a Dio si può attribuire qualunque significato, anche un non-credente come me può parlare di Dio), come d'altronde recitano alcune delle ultime parole del libro, quelle dette da una madre che accoglie il bambino come un altro suo figlio e che pensa che "il respiro di Dio è sempre il respiro di Dio, anche se passa da un uomo all'altro in eterno". Sono felice di aver letto un libro così, attraverso la sofferenza che mi ha dato credo di avere scoperto delle parti di me nelle quali non mi ero ancora imbattuto. Un libro, quindi, da leggere e da ri-leggere.