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Non è così difficile accarezzare un riccio
E’ elegante il riccio, così come lo è la portinaia sciatta Renèe.
Quasi vellutati i suoi aculei quando non prova timore, come la tredicenne imbronciata Paloma.
Apparentemente goffo, il riccio, come apparentemente lo è Renèe ma sa correre velocemente, come velocemente corrono le vivide menti di Renée e Paloma.
Solitarie e scontrose, appaiono Renée e Paloma, come il riccio.
Renée e Paloma, come il riccio, nascondono la loro vera essenza dietro l’apparenza.
E solo un abile regista, delicato e curioso, dotato della nobile e rara arte dell’attenzione, scoverà nelle esteriori trame delle loro vite la vera luce che emanano.
Renèe, Paloma e Ozu diventano, nel dispiegarsi degli eventi, la metafora di una famiglia che l’una non ha, l’altra detesta. Una nuova famiglia, a loro insaputa, dove Ozu è l’amorevole padre che scalda e scioglie l’amarezza e la delusione che già albergano nel giovane animo di Paloma e Renèe è la materna dolcezza che a Paloma manca nella sua “reale” famiglia, colei che svelandosi rivela a Paloma uno sguardo diverso, incantato per vedere il mondo là, fuori dall’elegante palazzo dove abitano. E Paloma, la giovane Paloma, è la dolce figlia che Renèe non ha avuto e che sarà complice di un incontro tra anime belle, apparentemente diverse, così simili.
L’apparenza che si svela, si rivela, si illumina è il filo conduttore di questa favola in cui non la filosofia, come al lettore distratto potrebbe sembrare, ma l’eleganza e la leggerezza dell’amore salva i peronaggi. Anche nonostante l’inatteso finale non resta un punto, ma tante virgole che lasciano aperta la magia dell’inesauribile senso appena colto, sottile, elegante e leggiadro. Non è difficile accarezzare un riccio.