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La riedizione del Tartuffo
UNA STORIA CHE E’ UN INCUBO
Henri Miller conosce Conrad Moricand a Parigi. Gli viene presentato (e rifilato) dall’amica scrittrice Anais Nin.
“Moricand non era solo un astrologo e uno studioso versato nelle filosofie ermetiche, ma un occultista”.
“Internamente era un essere tormentato, un uomo nervoso, capriccioso e ostinato”.
“Ciò che avevamo in comune erano i dati fondamentali del Capricorno.”
Dopo la frequentazione parigina, lo perde di vista: “Dallo scoppio della guerra fino al 1947 non una parola da Moricand.”
Lo ritrova per via epistolare in Svizzera: è in difficoltà e così Miller convince la moglie a ospitarlo a casa loro, in California, a Big Sur, sull’oceano, nonostante non abbia alcun debito nei confronti dello strano personaggio (“Cosa dovevo a Moricand? Nulla. E tutto. Chi era stato a mettermi in mano la Seraphita?”). Per puro altruismo (“Non si lascia andare a fondo un uomo che affoga”) gli paga il viaggio transoceanico e lo ospita a proprie spese in un modesto locale di casa sua (“Le candele dettero alla sua cella un’aria funebre che era perfettamente in carattere col suo cupo stato d’animo”). Da lì comincia l’orrore in un crescendo inarrestabile.
All’inizio è soltanto disagio (“Era come invitare la malinconia a venirsi ad appollaiare sulla vostra spalla”), poi si fa strada una netta percezione di disgusto (“In quel momento vidi la sanguisuga di cui Anais aveva cercato di liberarsi”), fino alla consapevolezza (“A un tratto non provai più compassione per lui, né per qualsiasi altra delle sue disavventure”) che viene corroborata dagli amici che frequentano lo scrittore: il generoso e volgare produttore cinematografico Leon, che è sul punto di acquistare i disegni sconci che tradiscono la perversione di Moricand, la mistica Jean Wharton, i servizievoli Lilik e Bertrand che aiutano Miller nel difficile compito di sbarazzarsi dell’ospite. Che progressivamente rivela tutte i suoi lati peggiori: fisici (“Nel frattempo il prurito continuava a tormentarlo”), psicologici e morali (questi ultimi emergono nel corso di un agghiacciante monologo: “Non era più Moricand, quello che mi stava davanti, ma Satana in persona”).
Sbarazzarsi di lui non è impresa semplice, ma alla fine “il senso di sollievo che provai al mio arrivo a casa è inesprimibile”.
IL PARADISO PERDUTO…
… è Big Sur, che l’ospite disprezza.
“Ma come, questo è un paradiso.” “Un paradiso perduto! Ribattei io.”
In senso figurato è un impulso esistenziale: “L’unica differenza tra l’uomo del tempo di Adamo e l’uomo di oggi è che il primo è nato per il paradiso e l’altro se lo deve creare”.
“Il Paradiso perduto è dappertutto e tutte le strade vi conducono.”
“Al mondo non c’è niente che non va. Quello che non va è il modo con cui noi lo guardiamo.”
HENRY MILLER…
… è l’autore degli scandalosi “Tropici”. Viene così definito da Pietro Citati in “Ritratto di Henry Miller”: “Sfacciato, rissoso, impulsivo, sanguigno, cinico e sentimentale, mistico ed erotomane."
“Tra il mondo dell’esperienza e la foga con cui Miller lo possiede, si estende un grande spazio vuoto.”
“Gli scrittori come Miller riescono difficilmente a contenere le proprie forze dentro un libro.”
LO STILE…
… è un ibrido tra note autobiografiche e personaggi reali, e stravolge i canoni del romanzo tradizionale, perché combina riflessioni filosofiche (nell’opera: sulla guerra, sulla carità e l’elemosina), annotazioni critiche e culturali, surrealismo.
Un romanzo interessante, in molti punti eccessivo, incalzante, a tratti persecutorio nei confronti del lettore…
Bruno Elpis
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Commenti
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mi associo a Cub dicendo che non ho mai letto Miller......
quale dei due "tropici" è migliore per iniziare?
@ Silvia: be', direi dal primo in ordine cronologico (quello del cancro)... sul quale però io non mi sono ancora espresso... (non mi assumo responsabilità, nello stesso tempo sono curioso di leggere il tuo parere) :-)
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Ho letto Nin ma mai Miller, anche se ho qualcosa in casa. Ma non mi piglia proprio per nulla, zero.